L’AIA è ormai investita di uno scandalo che non sembra avere più fine: quelle dimissioni gettano un’ombra oscura sul passato che fa discutere.
La fine della presidenza da parte dell’ex arbitro ha lasciato non pochi dubbi su quanto avvenuto negli ultimi anni nella classe arbitrale, dietro il repentino addio c’è una ragione clamorosa: nessun controllo fu effettuato.
Uno degli argomenti più discussi quando si parla di calcio in Italia è senza ombra di dubbio la classe arbitrale. La qualità delle direzioni di gara dei match di Serie A, Serie B e qualsiasi altro campionato, risulta essere sempre meno convincente agli occhi dei più, ma soprattutto risulta spesso fallace, sia nelle decisioni di campo che nell’utilizzo del var. Questa discontinuità ha portato ad un’infinita serie di polemiche che ogni week end animano i post partita di qualsiasi squadra.
Solo guardando la passata stagione e quella corrente, gli errori macroscopici commessi da alcuni direttori di gara sono davvero tanti, ma soprattutto sono preoccupanti visto che minano la regolarità e l’equilibrio del campionato. Dal gol non dato al Milan lo scorso anno nella sfida poi persa con lo Spezia, arrivando al gol tolto a Milik per un fuorigioco in realtà inesistente in Juve-Salernitana di quest anno, le squadre che sono state sgìfavorite da scelte arbitrali discutibili sono sostanzialmente tutte, un dato inquietante in epoca var.
Nonostante tutti gli aiuti tecnologici presenti al giorno d’oggi per venire incontro ai direttori di gara, le scelte sbagliate da loro prese nel corso delle giornate non accennano a diminuire e questo, come del resto inevitabile, ha posto sinceri e concreti dubbi sull’AIA, l’organo arbitrale massimo in Italia, e i recenti scandali hanno ulteriormente rafforzato questa posizione.
Dal caso D’Onofrio alle dimissioni di Trenatalange, quanti scandali per l’Aia
Esattamente come quando una squadra va male a pagare, prima che i giocatori, è l’allenatore, allo stesso modo per l’AIA, i tanti errori commessi dai propri arbitri, sono diventati la giusta scusante per puntare il dito contro l’organo principale per la gestione dei direttori di gara, con l’accusa generale di una gestione di basso livello dei propri uomini, non al livello di quello che dovrebbe essere uno dei top 5 campionati europei.
A peggiorare gravemente le cose negli ultimi mesi era poi stata la vicenda attorno al nome di Rosario D’Onofrio, ex procuratore dell’Associazione Italiana Arbitri, finito al centro di uno scandalo di livello internazionale, che oltre a mettere in pessima luce la sua figura, ha mostrato tutte le fragilità ed i problemi dell’attuale associazione che si occupa della gestione e formazione degli arbitri in Italia.
L’arresto dell’ormai ex capo procuratore, avvenuto ormai più di un mese fa, ha sorpreso tutti soprattutto per le ragioni: traffico intenrazionale di droga. L’ex ufficiale dell’esercito, tramite questa accusa, ha posto ulteriormente l’accento su una situazione già di per sè molto complessa, sfociata quindi in una serie di richieste di commissariamento dell’associazione.
A riaprire la polemica, dopo diversi giorni di generale silenzio, è stato Alfredo Trentalange, presidente dell’AIA, il quale ha deciso di rassegnare le sue dimissioni sorprendendo e non poco tutti: dietro a questa scelta repentina si nasconde un motivo molto grave, ecco quale.
Dietro le dimissioni un motivo veramente gravissimo
Da ormai un mese, ovvero subito dopo lo scoppio del già citato caso ex capo procuratore, le richieste di dimissioni da parte del presidente Trantalange erano aumentate. L’ex arbitro salito a capo dell’AIA nel febbraio 2021 prendendo il posto di Marcello Nicchi, nonostante tutto il caos generatosi, aveva a più riprese confermato che avrebbe proseguito il suo incarico lasciando tutti perplessi.
Le dimissioni ufficializzate nella giornata di domenica 18 dicembre, sono quindi parse un vero e propio fulmine a ciel sereno dietro il quale però, si nascondono motivazioni molto pesanti. Stando a quanto riportato, la scelta di Trentalange sarebbe stata fortemente influenzata dallo scandalo D’Onofrio, l’accusa mossa nei confronti dell’ex capo procuratore infatti, mette in forte dubbio la sua moralità, caratteristica fondamentale per il ruolo ricoperto, e fa presupporre che quando fu nominato, il presidente oggi dimissionario dell’AIA, non svolse i necessari controlli, mettendolo quindi in una situazione molto complessa. Qualsiasi siano le ragioni dietro la scelta dell’ex arbitro resta il brutto scandalo per l’Associazione Italiana Arbitri che dovrà in tutti modi cancellare queste brutte ombre.