Il campionato di Serie A così come lo conosciamo cambierà definitivamente dopo la decisione dei vertici della Fifa, ecco le novità introdotte.
Le perdite in bilancio delle grandi società dovute allo scoppio della pandemia di Covd-19, con il conseguente stop ai campionati, sia dilettantistici che professionisti, ha posto davanti ai club il problema del rinnovamento del sistema del calcio internazionale. Anche le società apparentemente più forti economicamente ne hanno risentito e non poco, proprio come è successo al Barcellona.
Il club catalano senza poter contare sugli introiti dello stadio, degli sponsor dell’impianto, e dei diritti tv, ma anche grazie ad una pessima gestione dei vertici societari, colpevoli di aver speso cifre folli sul mercato (tra cartellini e contratti dei giocatori) senza rendere più competitiva la rosa, si è trovato a doversi inventare soluzioni di fortuna (come affittare il Camp Nou per matrimoni o per partitelle tra amici a cifre folli) pur di rientrare di una parte del debito, o cedere una percentuale dei futuri ricavi dei diritti tv.
Il resto dei top club d’Europa comunque non è stati da meno e, sebbene il caso del Barça sia “estremo”, anche loro hanno dovuto far i conti con la non sostenibilità dell’attuale movimento della macchina calcio, ed ecco che in un momento così delicato della storia di questo le stesse società hanno cominciato a pensare ad un piano B, chiamato “Superlega”. Ma in cosa consisteva realmente questa Superlega? E perché ha generato tale dissenso?
Che la piega che ha preso il calcio moderno non fosse sostenibile lo si poteva intuire già da tempo. Con l’acquisto del Real Madrid di Cristiano Ronaldo ci furono i primi segnali di ciò a cui avremmo assistito negli anni successivi.
I 94 milioni di euro sborsati dalle Merengues aprirono la strada a pretese sempre più alte, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove un giovane di prospettiva (soprattutto se milita nella massima serie inglese) potrebbe arrivare ad avere una valutazione anche di 100 milioni, nonostante abbia ancora tutto da dimostrare.
Porre un tetto salariale stile NBA potrebbe all’apparenza sembrare una soluzione parziale del problema, ma è difficilmente attuabile visto anche il gran numero di calciatori che per le loro prestazioni già compensi fuori mercato.
Con la Superlega invece le società si garantirebbero introiti milionari non solo a lungo periodo, ma anche nell’immediato visti i grandi nomi della finanza che hanno appoggiato il progetto. Uno di loro è il gigante finanziario JP Morgan che avrebbe garantito un fondo di 3,5 miliardi di euro per i 15 club fondatori, oltre 230 milioni a testa dunque per la sola creazione, a cui vanno aggiunti altri 10 miliardi di euro “durante il corso del periodo iniziale di impegno dei club”.
Dettagli che non furono ancora stabiliti con precisione, non era chiaro infatti in quale lasso temporale venissero distribuiti, si parla tuttavia di cifre faraoniche. A rendere questi ricavi ancora più importanti c’è anche il discorso della volatilità, in quanto le società avrebbero la certezza di avere a bilancio tale somma (60 milioni all’anno) senza il rischio di perderli in caso di mancata qualificazione.
I club fondatori infatti non avrebbero mai perso il posto, e solo in pochi avrebbero potuto accedere alla competizione, dove più che la meritocrazia dominava solo l’appeal del club, ecco perché questa opzione non è mai piaciuta non solo alla Uefa (che ha minacciato sanzioni pesantissime per i club coinvolti, anche l’esclusione dai campionati di pertinenza), ma anche dai tifosi. Famosa fu infatti la protesta avvenuta in strada in Inghilterra che ha portato al dietrofront delle società inglesi coinvolte.
Il mondiale in Qatar ha già introdotto importanti novità al gioco, novità che verranno introdotte anche nel nostro campionato a partire dal rientro dalla sosta.
Il mondiale sta consentendo alla Fifa di provare sul campo alcune delle novità che saranno introdotte nel prossimo futuro. Uno dei più attesi era senza dubbio il fuorigioco semiautomatico, una tecnologia in grado di tracciare in modo molto più veloce le linee per capire se il giocatore fosse realmente oltre la linea dell’ultimo difensore.
È capitato spesso infatti che il gioco venisse interrotto per diversi minuti prima che gli addetti ai lavori potessero avere delle immagini abbastanza chiare per decretare la validità dell’azione, cosa che ha necessitato di un cambiamento radicale.
Questo non è però l’unico cambiamento a cui abbiamo assistito in Qatar. Tutti abbiamo ormai notato come i tempi di recupero si siano allungati, fino a toccare cifre mai viste prima ad ora, ma da cosa dipende? L’ex arbitro Pierluigi Collina ha chiarito la situazione: “Abbiamo raccomandato ai nostri arbitri di essere molto precisi nel calcolare i minuti da recuperare alla fine di ogni tempo per compensare il tempo perso per specifici avvenimenti. Vogliamo evitare che le partite durino 42, 43, 44, 45 minuti di gioco effettivo”.
Come abbiamo visto nella partita d’esordio dell’Inghilterra in caso di eventi estremi come un infortunio grave o un qualsiasi scenario che comporti un lungo stop della gara il recupero potrebbe arrivare anche oltre i 25 minuti, cosa che potrebbe creare non pochi problemi al rientro da una partita iniziata alle 21 che rischia di concludersi anche alle 23:30.
Le parole dell’amministratore delegato della lega di Serie A lasciano spazio a poche interpretazioni: “Cosa succederà non lo può dire nessuno oggi, ma il nostro calcio cambierà più nei prossimi 5 anni che negli ultimi 20“. Volenti o nolenti purtroppo dovremo abituarci all’idea che lo sport che tanto ci ha appassionato cambierà, e lo farà in maniera radicale
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