Nel successo del Napoli c’è anche l’impronta di Anguissa: tanta rottura in mezzo al campo, abbinata alla qualità nel palleggio.
Gli sono bastati pochissimi giorni e una manciata di allenamenti per immergersi alla grande nel mondo Napoli, prima del battesimo rovente contro la Juventus: André Zambo Anguissa ha vissuto un pomeriggio da sogno al ‘Diego Armando Maradona’, gettato subito nella mischia da Spalletti che ne aveva annunciato la titolarità in conferenza stampa. L’ex Marsiglia si è ritrovato in un undici a lui completamente sconosciuto, assorbendone le peculiarità migliori e dimostrando un’integrazione nei meccanismi tattici per nulla scontata: schierato accanto a Fabian Ruiz nel 4-2-3-1, il camerunese ha offerto una prestazione da 7 in pagella, coprendo spesso e volentieri le spalle allo spagnolo durante qualche discesa isolata verso la trequarti, dove Elmas non è parso molto a suo agio.
Con l’ingresso in campo del più offensivo Ounas la musica è cambiata e, a beneficiarne, è stato tutto il Napoli: il lavoro ‘sporco’ di Anguissa ha così assunto un senso, ma guai a limitare la sua prova alla sola rottura, compito spettante al classico ‘medianaccio’ tutto muscoli e niente tecnica. Una delle note più liete riferite ad Anguissa è stata proprio la padronanza nel palleggio, l’abilità nel ‘pulire’ la manovra con passaggi precisi in fase di pressing avversario: tutti sintomi che oltre alla quantità c’è (molto) di più, ossia un’intelligenza tattica che nelle squadre di Spalletti rappresenta da sempre una dote speciale posseduta dai centrocampisti.
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Senza Demme e Lobotka, gli altri due mediani ai box, le speranze del Napoli di trovare un assetto soddisfacente sembravano nulle o quasi, e i dubbi relativi ad Anguissa non aiutavano di certo a sbrogliare il bandolo della matassa: punti interrogativi spazzati via in 90 minuti giocati alla grande, tanto che i 10 milioni fissati per il riscatto dal Fulham sono diventati improvvisamente un’inezia. Chiaro che per una visione più ampia serviranno ulteriori conferme poiché, parafrasando la celebre canzone di De Gregori, “non è da una singola partita che si giudica un giocatore”. Se però le premesse sono queste, da Anguissa è lecito non attendersi sorprese in negativo.
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