Altro giro di Nazionali, altri infortuni. Questa volta è toccato a Mertens e Koulibaly, ma il Napoli in passato ha subito danni ben peggiori, Milik su tutti. I precedenti
Ormai è una costante di ogni sosta. Che bello, l’ha chiamato la Nazionale: ora speriamo che torni a casa tutto intero. Non è la prima volta che i calciatori partono sani e tornano rotti, mezzi rotti o comunque acciaccati. Stavolta tocca a Mertens e Koulibaly, per fortuna con problemi non gravissimi, ma in passato è successo anche molto, molto di peggio.
Il danno più grande il Napoli l’ha avuto nel 2016. Milik era appena arrivato in azzurro e aveva già avuto un impatto devastante. Parte con la sua Polonia e il 9 ottobre affronta la Danimarca. Scontro con Vestergaard e il crociato che salta: è l’inizio di un calvario che durerà diversi anni, come quello di Vlad Chiriches, che il crociato con la Romania se l’è rotto nel 2018. Pochi mesi fa invece è toccato a Victor Osimhen- Ottimo impatto in maglia azzurra anche per lui, come il suo predecessore, Osimhen lo scorso 14 novembre cade male in Nigeria-Sierra Leone e si lussa la spalla destra. Il resto, dal lento recupero al Covid, è storia recente, così come le positività di Hysaj e Rrahmani di qualche mese fa, sempre in ritiro con la Nazionale. La maledizione della prima punta, potremmo dire: Repubblica Ceca-Belgio, Dries Mertens mette male il braccio destro ed è costretto ad uscire dal campo. In via solo precauzionale, sembra: la lussazione alla spalla dovrebbe essere decisamente meno grave di quella di Osimhen, in attesa di ulteriori accertamenti. Acciaccato anche Koulibaly, che invece si è lussato il dito della mano. Non ha giocato col suo Senegal ma, sembrerebbe, niente di grave: dovrebbe tornare abile e arruolabile già per la prossima partita del suo Napoli.
A questo giro Mertens e Koulibaly, e speriamo sia finita qui. Ma ad ogni infortunio si pone di nuovo la stessa questione. Il calcio moderno, col suo calendario sempre più congestionato e con l’organizzazione sempre più club-centrica, sembra ormai andare molto più veloce del sistema delle gare internazionali. Una tradizione bella, sicuramente da preservare, ma che magari si potrebbe organizzare diversamente, nell’interesse delle società che detengono i cartellini e dei loro tifosi.