Nonostante ne abbia preso il posto sulla panchina del Napoli, il rapporto tra Gennaro Gattuso e il suo mentore Carlo Ancelotti resta ottimo.
L’allievo che prende il posto del maestro: nel calcio non sempre assistiamo a questo tipo di avvicendamento che, al Napoli, invece è diventato realtà grazie alla decisione di Aurelio De Laurentiis di sostituire Carlo Ancelotti con Gennaro Gattuso. I due hanno condiviso momenti di gioia estrema ai tempi del Milan, con ‘Ringhio’ nella veste di giocatore: insieme hanno vinto tutto, cementando un rapporto che va al di là del semplice binomio calciatore-allenatore. Nel corso dell’intervista rilasciata a ‘Sky Sport’, Gattuso ha usato toni entusiastici per descrivere ciò che lo lega ad Ancelotti: “Per me è sempre stato un punto di riferimento, da giocatore prima e da allenatore poi. Ho grande rispetto. La sostituzione in panchina è stata strana, mi ha lasciato un bel gruppo e tutt’ora ci sentiamo. Quando i risultati sono negativi, nel calcio a pagare è sempre l’allenatore, ma l’amicizia è sempre la stessa. E’ difficile imitarlo, se uno ci prova solitamente finisce col fare danni. Ha una dote incredibile, sa entrare nella testa dei giocatori e gestisce ottimamente lo spogliatoio. Ad un certo punto eravamo come padre e figlio e molti meriti dei risultati che ho ottenuto sono anche suoi“.
Rispetto a quando giocava, non è cambiato molto nel modo di intendere il calcio di Gattuso: “Nelle dinamiche giornaliere sono leggermente avvantaggiato per il lavoro che ho fatto, ma ora è tutto molto diverso. Serve grande conoscenza e l’aver giocato a calcio non basta. La grinta è una caratteristica che mi è rimasta, seppur in modo diverso: bisogna essere riflessivi per conoscere al meglio i propri calciatori, non sono tutti uguali”.
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La tenacia nel conquistare la vittoria è sempre stata un punto di forza di Gattuso, alimentata dai saggi consigli di Ancelotti: “La prima qualità era lottare sempre e non mollare mai. Ho lavorato tutti i giorni con passione e voglia di migliorare, ho dedicato più tempo al calcio che a me stesso. Ho sempre pensato di fare un bel lavoro e non ho mai lasciato nulla al caso. Non pensavo di riuscire a vincere due Champions, un Mondiale e di entrare nella storia del Milan: i sogni si avverano se non molli mai”.
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