Gennaro Gattuso, allenatore del Napoli, si è laureato a Coverciano nel 2014 con una tesi: “Luci e ombre nel percorso di carriera dell’allenatore”
Gennaro Gattuso, nuovo allenatore del Napoli, si è laureato nella scuola di Coverciano nel 2014 con una tesi intitolata: “Luci e ombre nel percorso di carriera dell’allenatore”. Tra i documenti del settore tecnico si potevano leggere alcuni stralci dell’idea dell’allenatore calabrese: “Sono tornato tra i banchi di scuola, e da ragazzino non mi piaceva mica tanto. Sarei bugiardo se dicessi che all’inizio non sperassi in un’agevolazione per meriti sportivi riservata ai campioni del Mondo. Oggi penso l’esatto opposto: la formazione mi ha reso più ricco”.
Poi nei capitoli centrali si può leggere l’importanza della comunicazione con la squadra: “Penso sia opportuno dare istruzioni collettive, quando la squadra è riunita. Permette un miglioramento della conduzione del gruppo, con chiarezza e trasparenza. Solo se qualcuno è in un momento di particolare pressione esterna prediligo il colloquio separato in cui il mio consiglio è ascoltare. Nel dialogo privato non utilizzando la retorica, in una comunicazione collettiva toni e gesti possono essere più a effetto. Fondamentale per la stima reciproca è la coerenza. E verso il gruppo poche regole, ma semplici e chiare: scelte dall’allenatore o discusse con alcuni membri della squadra. Mai devono essere percepite come un’imposizione ma come responsabilità personale e reciproca”.
Gattuso, il rapporto con i media e il ruolo del mental coach
Lo stesso allenatore si è soffermato anche sul rapporto con i media e con i giornalisti: “Bisogna restare se stessi, imponendo la propria presenza e rispettando quella altrui. Un allenatore deve dimostrare personalità e responsabilità da subito. Insieme poi porre obiettivi condivisi. Se c’è coerenza interna c’è anche quella esterna. Quello coi media è un confronto da non temere, da gestire con intelligenza e rispetto reciproco”. Inoltre, non ama il silenzio stampa perché la ritiene una comunicazione di sfiducia. Infine, lo stesso Gattuso è contrario al ricorso del “mental coach, lo psicologo è l’allenatore stesso che deve sapere come e perché motivare i suoi giocatori. Un allenatore allena anche i sogni, deve arrivare al cuore, mostrare traguardi che sembravano irraggiungibili ed evidenziare il contributo di tutti. La motivazione va bilanciata perché influenzata dai risultati sportivi. Quando diamo la colpa ad arbitro o sfortuna usiamo una ‘localizzazione esterna’ che non favorisce un atteggiamento responsabile”.