L’esonero di Ancelotti ha catapultato il Napoli in un nuova era: positiva o negativa, sarà tutta da verificare. Che questo sacrificio, ora, non diventi vano
Un tweet per chiudere un’era e aprirne un’altra, giusta o sbagliata che sia. Il Napoli esonera Carlo Ancelotti e lo fa con il social dei cinguettii, delle comunicazioni brevi e asettiche. Prima dei comunicati, delle ufficialità formali: 280 caratteri che sono il climax di una crisi sportiva e societaria senza eguali nella storia recente del club. Una decisione che lo stesso De Laurentiis ha preso a malincuore, consapevole del peso (e delle ripercussioni mediatiche) conseguente ad un esonero del genere. Un gesto drastico, netto, come il taglio che la società azzurra ha voluto dare alla gestione tecnica ancelottiana, tra i presunti malumori del gruppo e il conseguente scollamento tecnico con i giocatori.
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La verità di tutto questo marasma (quella vera ed effettiva) se la porteranno nella tomba con loro, De Laurentiis e Ancelotti. Mentre la piazza napoletana vive lo scisma con fredda curiosità, complice un rapporto d’amore mai realmente sbocciato con il tecnico emiliano. L’era Gattuso si prepara a sorgere sulle ceneri e le macerie di quella ancelottiana, ereditando la spaccatura ancora da cicatrizzare tra società e calciatori. Una spaccatura che in questo momento rappresenta uno dei problemi principali del Napoli. Tanto grande da poter trascendere anche un cambio di panchina.
E allora, che l’esonero di Ancelotti non diventi vano. Che diventi, anzi, un pretesto di pace, un accordo nato dalla guerra civile che ha visto crearsi fazioni, dissidenti e quanto di più vario può partorire una faida interna. Un’occasione da cogliere al volo per De Laurentiis, che adesso ha il dovere di spegnere il fuoco e garantire tranquillità e serenità al gruppo, alla luce di questo nuovo ciclo tecnico. Che torni ad essere presidente e punto di riferimento di una squadra, ora più che mai, bisognosa di stabilità e certezze. Da Ancelotti a Gattuso, un processo da completare sedando tutte le rivolte interne al Napoli. Altrimenti, la testa del tecnico emiliano sarà stata ghigliottinata vanamente, senza aver dato il là a nessuna rivoluzione.
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