Finisce il Mondiale di Beach Soccer, che ha visto l’Italia perdere in finale contro il Portogallo: un bilancio della spedizione azzurra
Termina il Mondiale di beach soccer disputato in Paraguay, ed è giusto lasciarsi andare a qualche riflessione partendo da un voto. Come a scuola, quando a fine anno c’erano le pagelle e si valutava il lavoro degli alunni.
Da zero a dieci? Facciamo 9 e mezzo. L’Italia del Beach Soccer è stata una splendida cartolina inviata dal Paraguay, destinazione mondo. All’indomani della finale mondiale persa contro il Portogallo, la spedizione azzurra esce a testa alta dalla massima competizione per nazionali uscendo sconfitta da una vera e propria corazzata. Eppure possiamo essere felici ed orgogliosi, direi quasi promossi a pieni voti.
Perché sorridere di un’Italia sconfitta? I motivi sono molteplici e spiegarli non è cosa facile, in primis perché un secondo posto non è roba da poco, una nazionale che sogna fino alla fine contro dei mostri sacri come quelli del Portogallo è solo da applaudire, sopratutto dopo una semifinale mondiale al cardiopalma contro la Russia. Applausi perché si è riusciti a tenere incollati al televisore migliaia di persone. E per un evento non mainstream non è usuale. La copertura mediatica dell’evento, trasmesso in diretta da SkySport e RaiSport è stata eccellente, sia per qualità tecnica sia per intensità.
Il movimento beach soccer italiano: un’organizzazione che funziona alla grande
Poi c’è la questione del movimento inteso come beach soccer italiano, perché se oggi ben figuriamo con una selezione altamente competitiva non è solo merito delle società in grado di allenare e formare giocatori di beach soccer di livello mondiale, ma anche di tutte quelle componenti che danno la possibilità (e le direttive) affinché tutto ciò avvenga. Quindi i vertici della Lnd, che idealmente voglio rappresentare nella persona di Ferdinando Arcopinto, ma che ovviamente si compone di tutto lo staff Figc-Lnd che segue il movimento beach soccer.
Infine il sorriso lo strappano loro, i calciatori della nazionale italiana di beach soccer, quelli che non hanno il grande nome sulle spalle del calciatore di Serie A, non sono quelli strapagati e non fanno le pubblicità, ma sono quelli che l’azzurro lo hanno cucito addosso e lo hanno dimostrato con le loro giocate sulla sabbia sudamericana. Di fronte avevano, ed è giusto ricordarlo, la selezione portoghese forse tra le più forti della storia, tuttavia è importante collegandoci anche alla questione movimento analizzare un dato: 20 giocatori su 24 presenti alla finale hanno giocato o giocano nel campionato italiano.
Adesso la parola d’ordine è lavorare ancora più sodo, perché un secondo posto, una medaglia d’argento, non deve essere meta d’arrivo ma meta di partenza di una nuova era. Nessuno ad oggi può sapere se il ciclo azzurro dopo questa finale resterà lo stesso o meno, le componenti sono troppe e sono indecifrabili al momento, ma la certezza è che un nuovo campionato di beach soccer italiano è alle porte, e grazie a questa nazionale si è accesa una luce adesso sta a noi, portavoce del movimento riuscire a tenerla accesa e lasciarla splendere, chi con le parole, chi con le giocate, chi con l’organizzazione degli eventi. Non è un paradosso poter pensare che si possa migliorare sin da subito, che l’eccellenza italiana del calcio da spiaggia possa diventare ancor più eccellenza, arrivando a livelli di perfezione massima.
Ecco perché, da zero a dieci, il voto è 9 e mezzo.