Milan-Napoli, un pareggio insapore che disegna scenari apocalittici per la stagione azzurra. E a pensare che, tra multa e Liverpool siamo soltanto all’inizio di questa settimana
Un tempo sarebbe stato oro colato, adesso suona come una sconfitta. L’1-1 di San Siro restituisce esattamente cosa il Napoli sia diventato negli ultimi anni e cosa rischia di non essere più, un ammutinamento dopo. Un club e una squadra che nel corso delle stagioni hanno costruito reputazione e cifra tecnica da grande club, nonostante le deficienze strutturali di una società abituata ad agire al pari una monarchia assoluta di Ancien Régime. Un club e una squadra che sono alla vigilia di una controrivoluzione che rischia di veder decapitate parecchie teste, tra maestri di filosofia e vecchi eroi di guerra.
Milan-Napoli ha tratteggiato l’identikit di un fantasma, di una squadra ormai completamente incapace di riconoscersi nelle proprie caratteristiche e in quei principi di gioco che per anni, invece, hanno rappresentato la forza stessa del Napoli. La passività degli uomini in campo, interrotta soltanto da sprazzi di orgoglio (vedasi la prestazione maiuscola di Allan ieri), la dice lunga sul morale e sull’atteggiamento della squadra. Undici calciatori messi lì, quasi ad attendere grigiamente lo scorrere degli eventi, nell’attesa di comprendere quale sarà il rispettivo posto nel prossimo scenario.
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E mentre il campionato e il rendimento in campo appaiono come l’ultima preoccupazione del Napoli Calcio e del Napoli Società, la classifica assume sempre più i tratti di una tragedia greca, con la zona Champions League (triste minimo sindacale) lontana svariati punti. E’ il fallimento più totale di Ancelotti e del suo ciclo tecnico, smarritosi e disintegratosi all’indomani di una stagione promettente, quella passata, nonostante passaggi a vuoto e black-out premonitori. E’ il fallimento del leader calmo, del grande gestore e dello snervante mito della mentalità vincente, con la formazione azzurra collassata sotto i colpi di un management tecnico ambiguo e privo di certezze, incapace di generare spunti tattici di rilievo e concetti chiave, partorendo soltanto esperimenti e visioni apocalittiche concepite dall’Oracolo di Reggiolo.
Una stagione che ha del paradossale, insomma, soprattutto se consideriamo gli sforzi economici fatti dalla società e le premesse maturatesi in estate. Il pareggio contro il Milan, però, non è neanche l’inizio di questa settimana, che, tra la multa, le conseguenze della controrivoluzione aureliana e la trasferta di Liverpool, rischia di essere decisiva per il futuro stesso del Calcio Napoli. E dopo due mesi di malinconico scrivere, possiamo soltanto prendere amaramente atto di un dato: per uscire da questa spirale serve un miracolo. Oppure, vedendo l’atteggiamento degli uomini in campo, l’ennesima controrivoluzione. Che sia in panchina o nell’organico, quella più rapida e semplice da applicare.
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