Sette giorni dopo la rivolta del San Paolo, le polemiche in casa Napoli non sembrano mancare: tra mercato, rivoltosi e presunti sceicchi, cosa serve davvero agli azzurri?
Se siete amanti della polemica e dei colpi di scena, allora Napoli è il vostro Valhalla. O almeno lo è da sette giorni a questa parte. Nel giro di una settimana è successo letteralmente di tutto: dall’ammutinamento dello spogliatoio e i comunicati minaccia della società, fino ai rumors di mercato e la diaspora dei rivoltosi, passando per la rabbia ceca dei tifosi e l’inattesa suggestione dello sceicco. Passasse anche la cometa di Halley sopra il cielo di Castelvolturno, allora l’en plein sarebbe bello che servito. In questo marasma, poi, non bisogna dimenticare il momento tragico della formazione di Carlo Ancelotti. Il Napoli, dato in estate come la grande rivale della Juventus, è attualmente relegato al settimo posto in classifica, a meno undici dalla vetta e a meno cinque dalla zona Champions League.
In un periodo così complesso, articolato e tremendamente grigio, c’è stato comunque chi ha avuto l’ardire e il coraggio di tirar fuori un altro rompicapo per il Napoli. E in realtà, questo nasce ancor prima della settimana rivoluzionaria che ha segnato la stagione degli azzurri: non è che Ancelotti debba passare al 4-3-3 per risollevare i propri ragazzi? Può sembrare una domandina da conversazione, la classica che si rivolge al barbiere mentre si attende il proprio taglio o si è al bar a prendere un caffè con un amico. E invece, i dissidi tattici tra la volontà del tecnico e quella del gruppo sarebbero alla base (tra le altre cose) del malessere che ha portato gli azzurri ad ammutinarsi nel post-Salisburgo.
Di qui, una risposta (soprattutto dal punto di vista tecnico) appare quantomeno azzardata. E’ chiaro che un mediano, un calciatore di raccordo tra difesa e centrocampo serva come il pane, nel momento in cui si ripristina un modulo ben caro al Napoli. Tuttavia, non è quello che deve servire (almeno non in prima battuta) in questo momento. Adesso, per rimettere sù le sorti della squadra, c’è bisogno più del Trattato di Parigi, anziché di un mediano. C’è bisogno che De Laurentiis, Ancelotti e la squadra si siedano dinanzi ad un tavolo e si mettano d’accordo (per una buona volta) sul da farsi. E per parlare una lingua ben nota al patron azzurro, in ballo non ci sono soltanto punti e reputazione, ma fior fior di quattrini che fino a prova contraria sono alla base dell’auto-finanziamento del club. Perciò, meglio darsi una mossa, o ci sarà davvero bisogno di una rivoluzione. E queste non sempre finiscono bene. Quella francese insegna.
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