Napoli, da Maurizio Sarri a Carlo Ancelotti gli estremismi sono cambiati, ma continuano ad attanagliare gli azzurri: la situazione
Vi ricordate quando non cambiare mai era il problema principale, e non la soluzione definitiva per risollevare le sorti del Napoli? Sembrano passate ere zoologiche e invece, bisogna tornare indietro poco più di un anno. Sulla panchina degli azzurri c’era Maurizio Sarri, che nonostante i 91 punti raggiunti e un quasi-Scudetto cucito sulla maglia, veniva imputato come artefice e distruttore di quell’annata. D’altronde, colpa del suo stacanovismo forzato, se alcuni elementi apparirono quasi sulle gambe nel finale di quel campionato, con un’intera rosa alle spalle che sembrava ormai cotta e marcita nei meandri della panchina napoletana: Rog, Diawara, Maksimovic e tanti altri ancora. Poi è arrivato Ancelotti, che dopo un mercato esiguo, ha dato chance a tutti e con il tempo Napoli ha riscoperto alcuni calciatori e scoperto ex novo altri. Quello che il progetto ancelottiano ha rappresentato da settembre a dicembre 2018, si configura come una delle migliori gestioni (per risorse fisiche e tecniche) degli ultimi anni di storia azzurra.
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Sarri cambiava poco, Ancelotti fin troppo: c’è bisogno di stabilità
Quest’anno le cose, invece, sono cambiate. E hanno continuato uno sconcertante filone, iniziato lo scorso inverno, quando in quel funesto Milan-Napoli 0-0, Ancelotti si presentò a San Siro con una formazione più che sperimentale, conscio che ormai il campionato fosse già terminato con l’avvento del nuovo anno. Il tecnico emiliano sta rimodellando di partita in partita il suo Napoli e, a differenza di quei quattro mesi di felicità e innovazione, i cambi di formazione appaiono più come stravolgimenti che come necessità. Questa squadra è finita con il diventare fin troppo liquida, nel calcio fluido disegnato da Ancelotti, incapace di riconoscersi e di accendersi, tra mille cambi di posizione e di undicesimi. Neanche si fa in tempo a prendere l’abitudine con un compagno, che subito quello viene accomodato in panchina o spostato in altre zone del campo. Questa spasmodica, quasi irrequieta, tendenza al turnover sta distruggendo il Napoli. Ne sta distruggendo i meccanismi, le certezze e la fiducia nei propri mezzi. Non diciamo che Ancelotti debba diventare una sorta di Sarri di lusso, assolutamente no. Piuttosto, sarebbe bello rivedere il tecnico compiere diversi passi indietro e tornare a quel quadrimestre di fine 2018, dove si era visto un Napoli calmo, maturo ed equilibrato. Proprio come (lo era) Carlo Ancelotti.