Carlo Ancelotti continua ad assicurare che “è tutto ok”, sebbene l’evidenza dica altro: e quel brutto ricordo legato a Benitez inizia ad emergere dal fondo del mare…
Adesso però non facciamo l’Apocalisse. È un pareggio, fuori casa, in un girone che vede ancora il Napoli in testa e che per gli azzurri presenta altre due sfide in casa. Su questo Ancelotti ha ragione: non è successo proprio nulla. Eppure qualche motivo di preoccupazione c’è, molti più di quanti dovevano essercenen dopo Fiorentina e Juve. Lì sembrava evidente che fosse tutta una questione di condizione fisica nei totem dell’ancelottismo, Allan e KK su tutti. Ora invece si vede qualcosa di diverso. Qualcosa che attiene all’approccio mentale, e lì c’è poco da mischiare le carte. Davanti il Napoli crea(va) tanto e finalizza poco – ma questo è un problema annoso – dietro si regge ma ci si distrae facilmente, e il gol col Cagliari ne è la summa. A livello tattico, invece, l’equivoco è sicuramente a centrocampo, un equivoco che tutti paventavamo in estate ma che Ancelotti aveva serenamente archiviato in stile “ci penso io”.
Chi vi scrive il progetto tecnico-tattico di Ancelotti l’ha “capito” fin dall’inizio. Bello, molto ambizioso. Ci sta alla grande, ma presuppone che alcuni elementi chiave siano nella loro versione aliena, come Allan fino a gennaio scorso. In caso contrario si va in difficoltà e occorrerebbe un’alternativa tattica credibile, che in questo momento il Napoli non ha. E soffre Fabiàn, e soffre Zielinski (che comunque in realtà soffre già di suo, e alla fine sta venendo fuori), e soffre perfino gente come Callejon che non sembrava potesse mai soffrire neanche in caso di catastrofe nucleare. In avanti poi è una babele, fra chi è fuori ruolo, chi è fuori condizione e chi è finito addirittura fuori squadra, per motivi che dovrebbero spiegarci seriamente anziché accampare favolette che neanche mia madre quando mi parlava di Babbo Natale. Tra l’altro, detto tra noi, la formazione di ieri sembrava la migliore possibile, anche nella compatibilità tra i calciatori messi in campo. Se non è andata così vuol dire che c’è un problema più profondo, e va senz’altro sviscerato.
E veniamo quindi al punto più preoccupante di tutti. L’Ancelotti uomo, l’Ancelotti comunicatore, ovvero quelli che da sempre sono i suoi punti di forza, tanto da scriverci anche libri (anche molto interessanti). L’uomo che sussurrava ai cavalli-di-razza sembra aver smarrito il suo fluido magico, sta creando una serie di equivoci grossi e sta perdendo il polso con vari elementi della rosa. Fra cui Lozano, che sembrava essere la pietra angolare del suo gioco offensivo e invece sta diventando l’emblema di quanto si stia incaponendo su alcune idee che, appunto, come idee erano bellissime.
Il rischio di un Benitez-bis è dietro l’angolo, incombe come un’ombra decisamente ingombrante. E veniamo perciò all’Ancelotti comunicatore, quello che si presenta ai microfoni col sopracciglio che arriva al soffitto (no, mister, non sa proprio dissimulare) ma intanto ci dice che va tutto bene, che Milik e Lozano hanno giocato bene (!) e che Insigne va in tribuna perché si sta solo riposando in vista di Torino. Come il signore spagnolo (e l’ho amato, credetemi!) per il quale era tutto perfetto finché non sfumò anche l’ultimo obiettivo e a quel punto crollò tutto come un castello di carte, il Napoli chiuse quinto in pieno psicodramma mentre lui scappava nottetempo lasciando quel famoso ottimismo sotto le macerie. Perché sì, l’ottimismo è il profumo della vita e tutto quello che volete voi, ma solo se ci credi davvero. Altrimenti puzza parecchio di bluff, un bluff che si sente a chilometri. Caro Ancelotti, se glielo dice un ottimista patologico inizi a preoccuparsi seriamente, ché siamo all’inizio e nulla è ancora perduto. Basta riconoscere che non è “tutt’appost” e capire come metterci mano.
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