Lecce-Napoli, gli uomini di Ancelotti sono chiamati al salto di qualità e a confermare quanto di buono fatto in Europa. Ecco come possono crescere gli azzurri
Bisogna sempre fare grandissima attenzione a partite come queste. Tu vieni da una di quelle notti europee indimenticabili, che ancora ti cullano e ti distraggono nei giorni seguenti, pieni zeppi di ebbrezza Champions. Gli altri, invece, vengono da un risultato tanto positivo quanto inatteso e trovano in te il primo appuntamento della stagione da cerchiare in rosso sul calendario. Lecce-Napoli, guai a chiamarla partita abbordabile. Storicamente gli azzurri non sono nuovi a regalare inspiegabili black-out dopo prestazioni da sogno. E contro i pugliesi i rischi ci sono, con due fattori che sommessamente preoccupano: il maxi-turnover programmato da Ancelotti e la possibilità (sciagurata) che si possa sottovalutare l’avversario. E’ sotto questo aspetto che la formazione azzurra è chiamata a compiere salto di qualità: trattare il Lecce (o chicchessia) come il Liverpool.
La partita di domenica pomeriggio al Via Del Mare, d’altronde, sarà un banco di prova importante per gli azzurri. Lecce-Napoli restituirà un primo importante riscontro sulle potenzialità (e sugli eventuali limiti) mentali e strutturali della formazione di Carlo Ancelotti. Il maxi-turnover programmato testerà senza troppi scrupoli la vastità e la qualità media dell’organico azzurro, mostrando calciatori che potranno sicuramente giocarsela contro il neo promosso Lecce, per qualità ed esperienza. Quello che preoccupa velatamente l’ambiente partenopeo è la tendenza del Napoli a prendere sottogamba alcune partite, soprattutto dopo risultati come quello contro il Liverpool. Gli azzurri non dovranno interpretare la gara con sufficienza, con quel modus operandi da nobilsquadra europea che non può e non deve appartenere alla filosofia di gioco degli azzurri. Questo Napoli è forte quando gioca sicuro e centrato, cattivo e intenso, senza quella puzza sotto il naso da calcio camminato che ha contraddistinto alcune delle prestazioni deludenti viste l’anno scorso. Essere grandi significa dare il 150% contro qualunque avversario. E non lo diciamo noi, ma Arrigo Sacchi, che in carriera qualcosina l’ha vinta.
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