Napoli, sette gol subiti nelle prime due gare e subito impazzano i campanelli d’allarme. La fase difensiva degli azzurri è in emergenza?
Sette gol in due partite: possiamo ufficialmente dichiarare aperto lo stato di crisi per la fase difensiva azzurra. Il Napoli 2.0 di Carlo Ancelotti convince a metà, anzi in una metà campo, quella offensiva, mentre apre a grossi dubbi in quella difensiva. Eppure è quasi paradossale: nonostante l’accoppiata Manolas-Koulibaly sia una delle più coriacee del campionato, la retroguardia del Napoli sembra fare acqua da tutte le parti, scollandosi facilmente dinanzi alle folate offensive degli avversari.
E come visto contro Fiorentina e Juventus, il problema va al di là della semplice linea difensiva, concetto ribadito dallo stesso Carlo Ancelotti nel post-partita di ieri, ai microfoni di Sky Sport: “Non dobbiamo parlare di difesa, ma di fase difensiva, ovvero di un qualcosa a cui deve partecipare tutto il gruppo. Sta mancando un po’ di sacrificio”. Ecco, allora, svelato l’arcano: il Napoli si sbilancia troppo facilmente e quando si tratta di rientrare, le maglie troppo larghe degli azzurri facilitano gli affondi avversari.
La normalizzazione dei concetti di gioco sarriani e la ricerca di un calcio equilibrato e verticale, erano stati i punti cardini del primo anno di Ancelotti al Napoli. Adesso, l’innesto di Manolas e Di Lorenzo hanno portato il tecnico emiliano a puntare su uno stile di gioco più aggressivo, soprattutto nella prima pressione, affidandosi ad una difesa rapida e di gamba, capace di difendere altissima e coprire grosse porzioni di campo aperto.
E invece, la realtà dei fatti è ben diversa: la prima pressione degli attaccanti è spesso facilmente aggirata (Fiorentina e Juventus docet) ed il centrocampo si rivela ancora incapace di seguire a ruota il pressing, generando cattive spaziature nella zona centrale del campo. Il Napoli fa acqua, soprattutto adesso, con un Allan ancora lontano dalla migliore condizione e non in grado di svolgere il solito lavoro straordinario sulla mediana.
In più, gli ibridi tuttocampisti Zielinski e Fabian Ruiz non sembrano dare le garanzie dovute in fase difensiva, dove soffrono gli spazi larghi generati dal pressing disarmonico di questo nuovo Napoli ancelottiano. E anche in fase offensiva, il polacco e lo spagnolo sembrano quasi limitati, con l’ex Betis soprattutto in balia di un nuovo ruolo (l’ennesimo) che deve ancora assimilare.
Le scorse settimane raccontavamo di come Fabian Ruiz potesse diventare il Manifesto del calcio posizionale di Carlo Ancelotti, ma evidentemente qualcosa va e deve essere registrato. Lo spagnolo è sembrato un corpo estraneo nella gara contro la Juventus e già con la Fiorentina (nonostante una prestazione più brillante) era sembrato imbrigliato più che esaltato in questo ruolo di palleggiatore tra le linee.
Insomma, per tirare un primi mini-bilancio dopo questo avvio di campionato, il Napoli era convinto di essere più avanti nell’assimilazione dei nuovi concetti di gioco. E a confermarlo, c’è la delusione di Carlo Ancelotti, che ai microfoni dei media dopo la sconfitta contro la Juventus non ha nascosto il proprio disappunto. Gli azzurri sono ancora incapaci di difendere e aggredire altissimo come il tecnico emiliano aveva studiato e immaginato durante i pomeriggi sul campo di Carciato.
C’è tanto lavoro da fare, adesso, durante la sosta, nella speranza ancelottiana che non partano troppi titolari su e giù per il mondo. L’ottimismo, comunque, deve restare alto: quando il Napoli ritroverà la miglior condizione atletica, il nuovo calcio aggressivo ed europeo di Carlo Ancelotti potrà prendere davvero vita.
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