Carlo Ancelotti, allenatore del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de “La Gazzetta dello Sport”.
Carlo Ancelotti si racconta ai microfoni de “La Gazzetta dello Sport” parlando, in particolar modo, del calcio: “Dovrebbe essere un gioco, ma per questo è un diversivo. A Napoli rappresenta anche una rivalsa, una sorta di riscatto dal senso di abbandono che questa città ha legittimamente introiettato nei secoli. Per me rimane un gioco. Bello, emozionante. Ancora mi diverto, ancora lo faccio con passione. Sento tanta gente del calcio dire che non riesce a dormire per la pressione. Io dormo sempre”. Poi ha aggiunto: “Ai calciatori va trasmessa convinzione e fiducia, ma alcune volte vanno stimolati. L’intelligenza in un calciatore conta tantissimo, il talento non è sufficiente. Senza professionalità e applicazione non si fa la differenza. Alla stazza fisica non do molta importanza, a calcio possono giocare tutti. Il giocatore lento, quello veloce, il giocatore basso, il giocatore alto. L’aspetto fisico, nella mia idea di calcio, ancora non ha la predominanza sull’intelligenza tecnica e tattica. Più dell’intelligenza conta solo la personalità”.
Poi il tecnico di Reggiolo si è soffermato, poi, sulla qualità della rosa a disposizione: “Questa squadra ha tante potenzialità e lo ha dimostrato nel girone di Champions, che era difficilissimo. Siamo cresciuti molto in personalità, convinzione, perché queste partite aiutano a crescere. Siamo una squadra che non può giocare a basso ritmo. Per riuscire dobbiamo lavorare sempre a ritmo alto. Sono convinto di avere il centrocampo migliore d’Italia. Koulibaly è tra i migliori al mondo con Sergio Ramos, Varane e con quelli della Juve che sono molto forti, più che come individualità, come coppia. Manca un attaccante robusto? Dipende da come vuoi giocare. Noi non sfruttiamo molto i cross quindi cerchiamo di utilizzare più il gioco verticale. Fino ad ora, ha funzionato”.
Napoli, Ancelotti racconta la sua avventura
Ancelotti ha, poi, continuato l’intervista parlando dei suoi primi mesi sulla panchina del Napoli: “Ho parlato con la società, ho cercato di capire i loro progetti. La squadra già la conoscevo e mi piaceva. Dopo, piano piano, ho iniziato il processo senza stravolgere quello che già facevano molto bene con Sarri. Il Napoli è una squadra che ha conoscenza, per tre anni ha fatto un determinato e rigoroso lavoro e questo bagaglio si riconosce molto bene a livello di sapienza tattica. Dopo, piano piano, cerchiamo insieme di modificare il sistema di gioco. Naturalmente con la condivisione dei giocatori. Non faccio mai una cosa se i giocatori non sono convinti di farla. Mi diceva Sacchi che ci sono due modi di convincere le persone: per persuasione o per percussione. Io preferisco la persuasione”. Infine, l’allenatore della squadra azzurra ha esaltato anche le bellezze della città partenopea: “Mi piacciono tante cose. Ovviamente il paesaggio e la luce. Il Vesuvio: ti svegli la mattina e hai questa fotografia emozionante davanti. La gente è molto disponibile. Mi piace poi la passione che c’è dietro questa squadra. A me piace frequentare la città, vado per strada, nei ristoranti e nessuno mi ha mai disturbato, sono molto rispettosi”.