Andiamo ad analizzare uno dei problemi del Napoli di Ancelotti, che ancora non ingrana: l’equivoco tattico è a centrocampo
Partiamo dall’assunto più palese: il Napoli di Ancelotti ha iniziato con qualche evidente difficoltà. Per fortuna non tantissimo nei risultati, visto che a parte il sanguinoso pareggio di Belgrado il cammino in campionato per ora vede danni ampiamente limitati, con la Juve “solo” a +3. Due volte di rimonta, un’altra volta col cuore e con una magia del duo Milik-Insigne, gli azzurri sono riusciti a sfangare 9 punti che sono un bagaglio preziosissimo in vista del futuro, quando cioè la squadra inizierà ad ingranare davvero. Perché questa è la prima verità che non dovete mettere mai in dubbio: il Napoli ingranerà, come ha sempre fatto e come Ancelotti già “vede”. Una squadra versatile, con più identità, che sappia sfruttare il potenziale offensivo ereditato da Benitez e Sarri ma che sappia anche cambiare a gara in corso, skill che ad Ancelotti sembra cucita proprio addosso. Eppure i problemi ci sono, inutile negarlo. Ma perché il Napoli non trova ancora l’assetto giusto? La “colpa”, a modesto avviso di chi vi scrive, è da ricercare in un paio di equivoci tattici non risolti nel mercato estivo: proviamo a riepilogarli e a spiegare cosa manca – secondo noi – per il salto di qualità.
Il primo equivoco nato nell’ultimo calciomercato Napoli è quello relativo alla pesantissima eredità di Jorginho. Il progetto della dirigenza partenopea è sembrato evidente: via Jorginho e Hamsik, dentro Fabian e un mediano bravo in entrambe le fasi, con un po’ di sostanza in più. La prima operazione è riuscita brillantemente (meglio di così Jorginho non poteva essere venduto), la seconda ha avuto uno stop inatteso che ha cambiato completamente le carte in tavola. Per Hamsik non è arrivata l’offerta giusta dalla Cina e si è scelta la soluzione “diplomatica”, avallata da Ancelotti: teniamocelo e proviamo a trasformare Marek nel nuovo Pirlo. Attenzione, l’idea ci sta tutta. Per caratteristiche ed intelligenza tattica Hamsik potrebbe interpretare benissimo il ruolo di regista, ma qui si pone il secondo equivoco. Ovvero: se Hamsik non è Jorginho, Zielinski non è Hamsik. Parliamo pur sempre di tre calciatori straordinari nelle loro caratteristiche peculiari, ma che non sono assolutamente intercambiabili fra loro. Il gap tra Jorginho e Hamsik sta prevalentemente nella corsa: al di là dei “passaggetti”, lo scorso anno l’oriundo correva la media di 11,350 km a partita, rigorosamente nella top 10 della Serie A, mentre Hamsik in questo momento è 123mo in classifica generale con 9,978 km a partita, circa il 20% in meno del predecessore.
C’è da dire anche che il Napoli è passato ad essere tra le ultime 5 per km percorsi in campo, mentre lo scorso anno era stabilmente tra le prime 5, quindi è calato un po’ il movimento complessivo dell’intera squadra. Non è necessariamente un male, per la serie “corre il pallone e non l’uomo”; ma, in questo momento in cui non c’è ancora equilibrio, il gap è tutto in questo dato. Con una postilla fondamentale, che spiega perché non è tutta “colpa” del capitano. Ok, Hamsik alla Pirlo: ma Pirlo ai lati aveva Gattuso e Ambrosini e prima ancora Gattuso e Seedorf, ovvero due centrocampisti che correvano e coprivano parecchio. Il pur divino Piotr Zielinski, bontà sua, questa copertura non la garantisce, delegando allo spremutissimo Allan tutto il lavoro sporco. L’affanno sta tutto lì, in quella fetta di campo coperta dai due palleggiatori della mediana: non a caso, diversi gol presi quando Ancelotti giocava col 4-3-3, sono nati proprio dal centro-sinistra di centrocampo.
Ecco perché quando pensate che “Ancelotti non ci sta capendo niente” siete clamorosamente in errore. Ancelotti è stato il primo ad intercettare questa difficoltà e ha posto rimedio cambiando completamente modo di giocare, o almeno provandoci gradualmente. A Zielinski una posizione più offensiva, da trequartista “atipico” (che parte da sinistra e tende ad accentrarsi), in mezzo al campo Allan più un altro uomo (Hamsik o Fabian) e Callejon a fare il tornante. Più equilibrio in mezzo al campo, meno connessioni con gli attaccanti. Almeno per il momento. Proverà alchimie di questo tipo ancora per un po’, poi si potrebbe tornare sul mercato, magari dando Rog in prestito e prendendo il necessario equilibratore. Jorginho non avrebbe risolto il problema, anzi avrebbe faticato anche lui: il nuovo allenatore richiede un vertice basso un po’ diverso, uno che sappia verticalizzare e picchiare, più che correre e smistare. Uno come Javi Martinez, per intenderci, uno che avrebbe tranquillamente sostenuto anche un 4-2-3-1. Ma forse non ce ne sarà bisogno: in ogni partita una soluzione diversa, alla ricerca dell’equilibrio giusto fra copertura e appoggio agli attaccanti. Hamsik-Fabian e Diawara-Zielinski, con Allan rigorosamente inamovibile. Coppie diverse per diverse identità: Ancelotti lavora sempre più in questa direzione. A patto che gli diate il tempo di trovare il bandolo della matassa!
di Antonio Papa (Facebook @ntoniopa)
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