Ancelotti lavora sul solco tracciato da Sarri, ma pian piano ci metterà del suo: una delle idee nuove può essere il 4-4-2
Lo ha detto anche Ancelotti a Rog, quando all’Olimpico lo ha lanciato in campo negli ultimi 8 minuti di Lazio-Napoli: “Vai Marko, 4-4-2”. Certo, 8 minuti sono pochini per parlare di rivoluzione tattica di una certa rilevanza, ma il discorso può essere ampliato e traslato su un piano più specifico. Uno dei dati più evidenti di questi primi mesi di ‘ancelottismo‘ (su, passateci il termine) a Napoli è l’esaltazione di quella che è da sempre la caratteristica peculiare per antonomasia di Carlo Ancelotti, ovvero la straordinaria intelligenza laterale. Arrivi in una realtà che ha appena vissuto un’epopea straordinaria, checché ne dicano titolisti e titulisti, la squadra è ottima e risponde ancora agli input dell’ex allenatore. Come la affronti?
Si poteva rivoluzionare tutto, imporsi fin da subito. E invece no. Ancelotti è arrivato sornione, non fa altro che esaltare Sarri e fin dal primo allenamento ha palesato la sua principale intenzione: lavorare nel solco profondissimo lasciato dal suo predecessore e seminare man mano il suo credo. Che è fatto di versatilità, anche nel ragionamento, come dimostra l’approccio sarrista che ha avuto al gruppo. Sprazzi del nuovo corso si sono già intravisti contro la Lazio; ne vedremo sempre di più, sempre più spesso. Accorgimenti tattici, a gara in corso o – perché no – a partire dal 1′. Come il 4-4-2, o 4-2-3-1 che dir si voglia, con Dries Mertens ago della bilancia. Passateci il paragone ardito: un Mertens “alla Baggio”. Anche se Baggio, Ancelotti, non l’ha mai allenato. E lo sappiamo bene.
“A Parma mi proposero Baggio, l’avevano già preso, ma io dissi di no. Sono stato un pazzo”. Effettivamente lo è stato, Carlo Ancelotti, salvo poi ricredersi con la maturità. Ora lo prenderebbe eccome, se giocasse ancora, e costruirebbe la squadra intorno al suo talento. Se immaginiamo come potrebbe giocare Baggio in una squadra di Ancelotti ci viene da pensare ad un modulo a due punte, con il Codino a fare da seconda punta, a svariare alle spalle dell’attaccante e a dialogare stretto con lui. Figuriamoci poi un attaccante tecnico e potente come Milik: avrebbe esaltato le sue caratteristiche come esalta quelle di Mertens, e viceversa. E forse è proprio questo che intendeva il mister quando ha parlato di “farli giocare insieme”. Esterni più sacrificati, Callejon e Insigne (o Rog, o magari Verdi) a fare più lavoro sporco (come con Benitez, per intenderci) e lì davanti fantasia e potenza che si fondono alla perfezione nella M&M’s.
In questa soluzione immaginiamo una cerniera centrale composta da Allan e Diawara, proprio come negli ultimi minuti dell’Olimpico. L’esperimento di Roma, ovviamente, non fa assolutamente testo, se non per certificare ulteriormente quanto può essere preziosa la duttilità di Marko Rog. Ma a gara in corso, magari quando si è in svantaggio, l’idea può essere applicata con molta più libertà di interpretazione. Chiamatelo 4-4-2, chiamatelo 4-2-4 o se preferite chiamatelo 4-2-3-1, anche se in quel caso spesso il centrale dei “3” è più un centrocampista incursore e gli esterni sono più liberi di far male, mentre in questo caso sarebbe un po’ il contrario. In fondo si sa che poi i numeri, sulla lavagnetta, lasciano un po’ il tempo che trovano, ed è la resa in campo a fare la differenza. “Da quando Baggio non gioca più […] non è più Domenica“. Magari è anche vero, ma con un quartetto del genere può davvero essere festa tutti i giorni.
di Antonio Papa (Facebook @ntoniopa)
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