Nel 1965 Ernesto Che Guevara, d’accordo con Fidel Castro, lasciò Cuba per guidare personalmente l’azione militare del regime in Africa. Si è fatta tanta letteratura sull’argomento, si è anche detto che Fidel e Ernesto non fossero più in buoni rapporti, si è detto che il Lider Maximo temesse la popolarità crescente del Che e che il suo allontanamento fosse una sorta di “rescissione consensuale” del sodalizio fra i due. Figuriamoci se possiamo entrare con certezza nel merito di ricostruzioni storiche di 50 anni fa, a 50mila km di distanza, ma ciò che sappiamo è che di sicuro il suo allontanamento da Cuba non fu un allontanamento dai cubani e di tutti coloro che vedevano nell’impeto rivoluzionario del Che una fonte di ispirazione. Così è stato negli anni a seguire: Ernesto Guevara è diventato un’icona della Rivoluzione, il suo volto è rimasto emblematico di un’ideologia. La foto del Che scattata da Alberto Korda il 6 marzo 1960 è diventata l’immagine più celebre del ventesimo secolo. Se non sapete di che immagine stiamo parlando probabilmente vivete su Marte, o magari siete morti negli anni ’50 e non lo sapete.
Sarri lascia il Napoli: una posizione comprensibile
Usciamo dalla metafora e torniamo a noi. Che Maurizio Sarri avesse deciso di lasciare Napoli, senza possibilità di ripensamenti, si era capito con disarmante chiarezza nella conferenza stampa post Napoli-Crotone. Troppe frasi sibilline, troppe analisi che tradivano un distacco totale dal progetto futuro di De Laurentiis. Le parole di Sarri erano palesemente le parole di un uomo che chiedeva di essere liberato, perché da solo non se ne poteva andare in quanto vincolato da una clausola divenuta ormai vessatoria. Le idee del mister, a chi sa leggere tra le righe, sono apparse subito chiarissime. Il Napoli con lui ha raggiunto l’apice, e meglio di così si può solo peggiorare. Attenzione, CON LUI, non in generale. C’è una differenza sostanziale, perché è da escludere che Sarri abbia mai visto il Napoli in una posizione subordinata rispetto ad altre squadre. Se sentirete mai dire a Sarri un “finalmente arrivo in una big” di mazzarriana memoria vi invito a venirmi a prendere sotto casa per darmele di santa ragione.
La posizione di Sarri, se forse non condivisibile (chi vi scrive l’avrebbe legato alla panchina fino al 2040) è sicuramente comprensibile. Checché ne dicano i fenomeni del ritornello “zero tituli”, un campionato da 91 punti è difficilmente ripetibile, così come è difficile rilanciare il ciclo di una squadra andata tanto oltre le proprie possibilità. Perché poi la tara di un progetto non la fanno le vittorie, ma la capacità di superare i propri limiti ed alzare la propria asticella all’inverosimile. Rilanciare un ciclo simile è impresa piuttosto ardua: molto più semplice ricominciare da zero e riprovarci da un’altra angolazione. Il Comandante Maurizio Sarri, da uomo saggio e maledettamente intelligente, lo sa meglio di chiunque altro. E fidatevi, al netto di quei velleitari tentativi di rinnovargli il contratto, lo sa benissimo anche De Laurentiis, che infatti stava trattando Ancelotti già da diverse settimane.
Per questo, e per tanti altri motivi, adesso non facciamo i cretini. Proveranno a screditare Sarri in qualsiasi maniera, proveranno a delegittimarlo e a sminuire il lavoro che ha fatto in questi tre straordinari anni. Proveranno, soprattutto, a dipingerlo come disertore, come traditore. Non cadiamo nella trappola. La scelta di Sarri è legittima come è legittima la necessità di cambiare. Auguriamo buona fortuna a chi è stato così importante per il Napoli e voltiamo pagina, senza disconoscere il passato. Le storie finiscono, ma non c’è bisogno che finiscano sempre male. La differenza di solito la fanno l’intelligenza e il comportamento tenuto dalle parti. Vista la posizione cristallina tenuta fino all’ultimo dal mister (almeno per chi non prova ad alzare polveroni…) rimane solo una questione di intelligenza. Mi raccomando.
Seguiremos adelante
como junto a ti seguimos
y con Fidel te decimos:
“Hasta siempre, Comandante!”
di Antonio Papa (Facebook @ntoniopa)