Ancelotti e i moduli: quante opzioni per l’allenatore-camaleonte
Dal metodico Sarri al versatile Ancelotti. Il Napoli cambia totalmente pelle con l’arrivo dell’ex allenatore tra gli altri di Real Madrid e Milan. Un approccio diverso al lavoro, un pensiero evolutosi nel tempo in base alle esperienze vissute in cinque campionati differenti. Impossibile ad oggi capire come giocherà il Napoli di Carlo Ancelotti, si parte però da alcune certezze. Nel corso della sua carriera l’allenatore di Reggiolo ha utilizzato quasi sempre la difesa a 4. Sacchiano convinto nei suoi primi anni al Parma era devoto al 4-4-2. Famoso il suo no a Baggio o l’addio a Zola, giocatori troppo creativi per i suoi standard. Dopo anni il neo-tecnico del Napoli si scusò per il mancato arrivo del “Divin Codino” e dell’esclusione del sardo: “Ripensandoci oggi sono stato un pazzo. Come puoi rinunciare a uno come Baggio? Ero giovane e non avevo il coraggio di addentrarmi in una cosa che non conoscevo a sufficienza, un altro modulo. Del 4-4-2 sapevo tutto“. Peccati di gioventù, ma nel corso degli anni Ancelotti ha recuperato ampiamente diventando un vero cultore della fantasia, un gestore eccezionale in grado di adattare il modulo alla rosa a disposizione.
Tutto cambiò alla Juventus a fine anni ’90 con Zidane schierato da trequartista fidandosi così dell’estro del francese a differenza della coppia di attaccanti (Chiesa e Crespo) nella sua avventura di Parma. Proprio lo stesso Ancelotti ha spiegato come avvenne il cambiamento sulla panchina dei bianconeri: “La prima volta che conobbi Zidane è stato al mio primo anno alla Juventus e trovai a disposizione un giocatore fantastico. Lui è stato la chiave che mi ha portato a cambiare il mio modo di vedere il calcio, perché prima di incontrarlo il mio modulo ideale come allenatore era il 4-4-2. In passato non volevo cambiare questa idea, ma alla Juventus ho dovuto cambiare sistema di gioco per riuscire a fare giocare un elemento dalle sue caratteristiche dietro due attaccanti. E’ stato assolutamente fantastico“. Ancelotti si affidò così alla fantasia e al talento di Zidane che agiva dietro all’unica punta passando, a poco a poco, al 4-4-1-1 utilizzando apparentemente lo stesso schieramento di Parma ma con caratteristiche di giocatori differenti soprattutto in zona offensiva. L’esperienza con la Juventus non fu indimenticabile con lo Scudetto perso nella disfatta di Perugia nel maggio 2000.
L”Albero di Natale di Ancelotti con il Milan
Dopo essere rimasto per qualche mese senza panchina nel novembre 2001 Berlusconi punta su di lui per sostituire Fatih Terim. A Milano arrivano i primi successi vincendo due Champions League e uno Scudetto tra i trionfi memorabili della squadra rossonera. Famoso per il modulo ad albero di Natale, quel 4-3-2-1 ricco di fantasia con Seedorf e Kakà alle spalle dell’unica punta Inzaghi (come nella finale di Atene contro il Liverpool) e con Pirlo in cabina di regia. A Marca lo stesso Ancelotti svelò la sua nuova idea: “A Milano hanno una filosofia molto particolare, che ama il calcio spettacolare. Berlusconi chiedeva che la squadra giocasse bene e così è nata l’idea dell’albero di Natale per far giocare tutti i giocatori di qualità. Serviva il sacrificio di tutti per adeguarsi alla filosofia del club. Non si può giocare un calcio di qualità senza giocatori di qualità”.
Meno dogmi fissi, più verticalizzazioni. Tanto peso agli esterni d’attacco con il 4-2-3-1 e il 4-3-3 utilizzati per la maggior parte negli di Parigi e Madrid. Spesso schierando esterni a piedi invertiti. Fino al Bayern Monaco dove in 60 partite c’è un equilibrio sostanziale tra i due moduli: 31 partite con il 4-2-3-1 e 27 partite con il 4-3-3.