Sarri rivoluzione, con il toscano molto più di un titolo: è rinascita azzurra tra polemiche e perbenismo.
Non è il bel gioco, non sono i record, non gli scudetti mancati o quasi vinti. La vera vittoria del Napoli è Sarri. E con lui la sua ‘rinascita’, il suo atteggiamento disfattista e la sua sfacciataggine che assumono i contorni di un vero e proprio moto rivoluzionario difronte a chi è abituato alle voci basse da pausa caffè nei salotti televisivi. Stessi salotti impregnati di quell’aria da borghese che stona decisamente quando si tratta di mostrare al pubblico il ‘panem et circenses’ di cui ha bisogno. La vera vittoria è il ‘sarrismo‘, inteso come fede più che come ideale. La vera faccia dello sport, la cultura maschia e senza fronzoli di un mondo che prova a mostrarsi per il contrario di quello è, e che puntualmente smentisce sé stesso: questo è il Napoli da tre anni a questa parte.
Sarri rivoluzione anche senza scudetto
No ai favoritismi, alle polemiche, ai ‘se’ e ai ‘ma’, al perbenismo che sa di un’arroganza senza limiti. Sarri ha sempre avuto il suo metodo, i suoi modi, le sue risposte. Per qualcuno un uomo rude, per altri un uomo e basta. Nella vera cultura calcistica, quella di chi il calcio lo vive davvero ogni giorno senza stare a badare alla sua forma ma, piuttosto, al suo contenuto, Sarri è un rivoluzionario. Non inteso come anticonformista, o almeno non solo. La rivoluzione sta nel suo modo di giocare, riconosciuto da eccellenze come Sacchi e Guardiola. Ed è per il suo modo di giocare che dovrebbe essere messo sotto esame, ma puntualmente non accade. Il Napoli, con ogni probabilità, ha visto scivolare il sogno scudetto per la terza volta di fila in tre anni, ma nel cuore dei tifosi azzurri rimarrà indelebile il solco lasciato dall’allenatore nato a Bagnoli.