Che liberazione, signori miei. Questo Napoli-Chievo porta con sé uno dei gol più catartici di questa tormentata (!) gestione Sarri. Quella splendida fiondata di Diawara in pieno recupero ha fatto urlare uno stadio intero, anche chi non meritava di festeggiare. Già, perché in mezzo a tante braccia alzate c’era anche chi questa vittoria non la meritava, chi non merita nulla del regalo che questa squadra sta facendo alla città di Napoli dopo tanti anni di sofferenza. Fischi ad Hamsik al momento dell’uscita, fischi contro Lorenzo Insigne dopo qualche passaggio sbagliato. Insigne che peraltro, a modesto avviso di chi vi scrive, è stato il migliore in campo fino al gol di Milik, se non altro il più propositivo.
Brutta la reazione di Lorenzo, senza alcun dubbio, ma alzi la mano chi al suo posto non avrebbe reagito allo stesso modo. Sei uno degli uomini simbolo di una squadra che si sta giocando una stagione esemplare, hai avuto un ruolo fondamentale in gran parte dei 77 punti portati a casa, poi sbagli un paio di partite e un paio di passaggi ed ecco di nuovo i soliti fenomeni, che avevi ampiamente zittito negli ultimi anni. Per fortuna, dopo il gestaccio, Insigne ha scelto il modo migliore per zittirli di nuovo: alza la testa e recapita un pallone di 40 metri sulla testa di Milik, che deve solo spizzarla in rete. Alla faccia vostra.
Napoli-Chievo, i fischi ad Insigne e Hamsik specchio di una piazza che deve crescere ancora
Già, perché i fischi ad Insigne e Hamsik in Napoli-Chievo sono esattamente lo specchio di ciò che non va in una buona parte di questa tifoseria. Non c’è la stabilità emotiva, non c’è la maturità di lasciar correre, non c’è la pazienza di aspettare. Un atteggiamento che è anche figlio di una bella dose di egocentrismo. Tanti, anche fra i giornalisti, sono in balìa dei cosiddetti “pallini”: decidono che un determinato calciatore è scarso e aspettano al varco il suo errore per poter dire “l’avevo detto io”. Per non parlare dei pallini contro presidente, dirigenti e allenatore. Si vive nella perenne schizofrenia, in quell’ansia del tutto-e-subito che sfocia in insofferenza alla prima difficoltà.
Il coro più famoso di questa straordinaria annata azzurra è “Sarò con te, e tu non devi mollare”. Peccato che questo coro per molti nasconda una di quelle famose clausole in piccolo che ci sono sempre sui contratti capestro. Sarò con te, a patto che tu vinca sempre, altrimenti a mollare sono io. Ragazzi, così non si va da nessuna parte. Si parla tanto di crescita, della società e della squadra, ma in realtà i primi a dover crescere sono proprio certi tifosi. Quei tifosi lì questa vittoria non la meritano, non meritano di esultare, non meritano di essere felici. Non meritano questo Napoli.