Il vero problema è il protagonismo. Non si spiegherebbe altrimenti questo disfattismo imperante, questo senso di Apocalisse mentre il Napoli è secondo in classifica a -2 dal primo e con concrete possibilità di riprendersi immediatamente la vetta. Ok, in 5 giorni sono arrivate due sconfitte che hanno messo un argine all’entusiasmo dilagante e la pietra tombale sul primo obiettivo stagionale, checché ne dica Sarri: il passaggio del turno in Champions. Poco male, perché se l’obiettivo è lo scudetto ogni altra distrazione dovrebbe essere bandita come Satana, a meno che non pensiamo di poter puntare al triplete solo perché a Napoli (non) gioca il pur bravo Ounas. Giusto? Ma stiamo divagando, andiamo con ordine.
Il protagonismo, dicevamo. Dicevamo che non si spiega altrimenti questo incessante tiro ad un bersaglio immobile che ha la sola colpa di esserci più vicino che mai, a quel benedetto scudetto. Diciamo immobile perché Maurizio Sarri di tutti i vostri processi preventivi se ne sbatte, come direbbe (benissimo) lui. Se ne sbatte lui, e se ne sbatte pure il cosiddetto “pappone” De Laurentiis, quello che (suo malgrado?) ha portato il Napoli dov’è adesso. Se ne sono sempre sbattuti, anche quando le cose andavano molto peggio di così e sembravamo Madrid con le merengues in zona retrocessione. In particolare Sarri ha sempre guardato le rimostranze dall’alto di una convinzione serafica ed incrollabile nel suo progetto, che come tutti i progetti non è né perfetto né sicuro della riuscita. Ma è un progetto serio, concreto e con due palle così, come direbbe (benissimo) lui. Per questo e soltanto per questo il Napoli è in grado di giocarsela alla pari con squadre che hanno potere e facoltà di investimento decisamente maggiori, senza mollare un centimetro, rendendo normale anche ciò che dovrebbe sembrare inverosimile. La prima sconfitta alla quindicesima partita di campionato a Napoli non l’abbiamo mai vista, eppure si respira un’aria funerea come se dopo 15 partite fosse arrivata la prima vittoria, altroché. Errori? Parecchi. Sul mercato, nella gestione della comunicazione e nella gestione della rosa, di certo perfettibile nei ricambi e nell’acquisto degli stessi. Ma non abbastanza da urlare al disastro nucleare, visto che il Napoli è lì, dove ci sono l’Inter, la Juve e la Roma, lì e non più giù. Sì, si poteva fare il percorso netto battendo anche Inter, Chievo e Juventus, ma si poteva anche non esserci proprio lassù. E attenzione, non parliamo di accontentarsi: neppure il Napoli che veleggia fra le prime dà l’idea di accontentarsi. Lo scudetto lo vogliono tutti, lo vogliAMO tutti, e infatti ci si sta provando. Eccome. Nella peggiore e più improbabile delle ipotesi, ovvero se il Napoli perde con la Fiorentina, la classifica dirà -2 dalla vetta. Meno due, non meno duecento. E se anche fosse: si potrebbe fare di meglio, probabilmente in un altro momento della stagione si farà meglio e l’Inter farà peggio, magari pure la Juve (che comunque non è davanti al Napoli). E porca miseria, allora che deve dire il Milan?
Il protagonismo, dicevamo. Lo stesso protagonismo che porta chi ne soffre a dover prevedere per forza il futuro, meglio se catastrofico, lo stesso protagonismo che porta a voler per forza analizzare in corso d’opera una situazione che è tutta in divenire, per il gusto di ergersi poi a grandi lungimiranti e a poter dire “l’avevo detto io”. Lo stesso protagonismo che porta a guardare quelle due dita mancanti di un bicchiere pienissimo e su quelle due dita imperniare un processo preventivo che neanche Russia e USA in guerra fredda. Lo stesso protagonismo che porta a continuare a creare partiti (!) del “quando c’era LVI”, dove il LVI in questione è uno dei vecchi allenatori azzurri, a seconda del gusto personale. Lo stesso protagonismo che porta chi ne soffre a fare per due mesi domande che hanno già insita la risposta e poi a stupirsi se Sarri risponde male. Domande del cazzo, ha detto lui che – si sa – non va tanto per il sottile. E giù tutte verginelle per la “parola con la C”. Qualcuno l’ha definito un maleducato, qualcuno che probabilmente nella vita impreca con acciderbolina o con perdincibacco. Avete ragione voi, probabilmente Allegri se ne sarebbe andato via e Spalletti avrebbe girato intorno alla questione senza dire “parole con la C”, ma probabilmente con lo stesso senso di fondo. Un consiglio per il Mister: la prossima volta dica – di proposito – “domanda non pertinente”, così oltre a non guardare la luna non potranno più guardare neppure il dito.
Ma andiamo a chiudere, ché già si è fatto tardi. Questo stramaledetto protagonismo, dicevamo, ci ha portato a creare nell’aria un clima davvero terrificante, che inevitabilmente si ripercuote anche sull’armonia del gruppo. Sarri in conferenza ha sbagliato ad attaccare le sue riserve in maniera così frontale, probabilmente avrebbe potuto impostare un po’ meglio le rotazioni, probabilmente Hamsik ha dei problemi e probabilmente De Laurentiis ha fatto diversi errori sul mercato. Abbiamo capito, e queste a Maggio potrebbero anche essere valutazioni sensate. Ma siamo a Dicembre, Natale sta arrivando e ci arrischiamo a dire che Sarri il panettone lo mangerà, serafico come sa essere lui anche quando risponde a domande che ritiene “non pertinenti”. Perché per fortuna De Laurentiis non ascolta né i tifosi né i giornalisti, perché per fortuna i tesserati del Napoli non sono tifosi e quindi riescono a non cambiare idea e obiettivi dopo una sconfitta. Perché per fortuna chi è malato di protagonismo “ha ragione” una volta su cento, è solo che quella volta su cento è pronto a scendere in piazza col megafono a strombazzarlo, mentre le altre 99 “è contento di aver avuto torto”, quindi vince in ogni caso. Un gioco a piazzare trappole, questo è. Ingenuo chi in quelle trappole ci cade, stupidi coloro che cercano di emulare chi lo fa di professione. Il Napoli è lassù, se la gioca e se riesce ad isolarsi da tante chiacchiere “non pertinenti” se la giocherà fino alla fine. Con buona pace di chi vorrebbe sempre essere più protagonista di chi protagonista lo è davvero, e proprio in quanto tale può anche permettersi di seguire la sua strada, serafico e prosaico come solo lui sa essere. E poi, finalmente, protagonista torna ad essere il campo, con i suoi verdetti e la sua catartica adrenalina. Battiamo la Fiorentina, stravinciamo come nei momenti più difficili (e ce ne sono stati, ricordate l’anno scorso e due anni fa?) e ricacciamoli tutti indietro. Gli avversari in campo, gli avversari fuori campo e – soprattutto – gli avversari in casa. Che poi sono quelli meno pertinenti di tutti.
di Antonio Papa (Facebook @ntoniopa)