Molti speravano che non sarebbe mai arrivato il momento di commentare una prova opaca del Napoli, altri invece non aspettavano che un passo falso per sparare a zero su società, allenatore e calciatori. Uno spettacolo che ha il sapore della guerra civile, con la colpa che rimbalza a seconda del vento su Sarri o De Laurentiis, colpevoli o presunti tali, di non approfittare della possibilità di vincere il titolo. Il campionato è lungo, ed anche se la sconfitta con la Juve brucia ancora, c’è da guardare avanti senza lasciare spazio al rimpianto e alla polemica a prescindere.
Un uomo semplice
È bastata una sconfitta dopo 26 risultati utili consecutive a far svanire per magia la fiducia in squadra, società e allenatore. Detrattori che fino alla scorsa giornata esaltavano il cinismo azzurro e la capacità di vincere partite sporche anche senza brillare, ma che ora trovano più comodo saltare dalla parte dei polemici e screditare in poche battute 3 anni di lavoro di Maurizio Sarri. La sconfitta con i bianconeri brucia ed è giusto che sia così. Non bisogna permettere però che questa partita diventi come l’iceberg per il Titanic, anzi, dovrà essere uno stimolo per rimettersi in sella velocemente e riprendere la cavalcata verso il vertice. Anche perché questa sconfitta non ha tolto al Napoli la sicurezza di poter vincere contro tutti quando è al massimo, ma ha messo in evidenza l’affanno di alcuni degli uomini fondamentali per il gioco azzurro.
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È arrivato il momento di concedere un po’ di riposo, soprattutto ad un tridente offensivo mai così scarico e fermo sulle gambe. Giaccherini e Ounas non saranno “Cristiano Ronaldo” (cit. Sarri) ma dovrebbero (?) essere all’altezza di giocare contro quelle squadre che fanno parte del lato destro della classifica quando necessario. Per carità non è una critica a Sarri ma una considerazione, anche perché se non dovessero essere all’altezza, sarebbe il modo migliore per farlo notare ad ADL con una dimostrazione da campo e non da fantacalcio. Ora però lasciamo lavorare quest’uomo e proteggiamolo dagli attacchi esterni e dal fuoco amico che sta arrivando in questi giorni, poi tutto passerà.
Take your time… Don’t live too fast / Troubles will come and they will pass
Cosa mi manchi a fare
Tutto quello che è emerso dalla partita con la Juventus è che al Napoli mancano come il pane Milik e Ghoulam. Il primo come unica alternativa a Mertens al centro dell’attacco, capace di entrare in partita anche a gara in corso quando gli spazi si chiudono e c’è bisogno di più sostanza nei 16 metri avversari. Oltre alla varietà di gioco con lui in campo, il polacco sarebbe stato fondamentale per far riposare anche Insigne e Callejon con lo spostamento di Dries nel suo vecchio ruolo di esterno d’attacco. Alternative, soluzioni e variabili finite in cantina dopo il crack del polacco, in attesa del mercato di gennaio che potrebbe aiutare il Napoli dal punto di vista numerico, con un Inglese in più.
Diversa invece la posizione di Ghoulam. L’algerino non sarebbe di certo rientrato in una logica di turnover, ma è difficile riproporre la sua qualità (e quantità) di gioco per chiunque si trovi su quella fascia. Corsa, inserimenti, cross e negli ultimi tempi anche gol decisivi: qualità introvabili negli altri elementi della rosa, non per demerito altrui certo, ma solo per differenza di caratteristiche purtroppo impareggiabili. Per come si sviluppa il gioco azzurro è lui l’uomo che più manca a questa squadra, per questo il mercato dovrà essere in grado di dare a Sarri un calciatore che possa realmente sostituire per caratteristiche Faouzi. Una ricerca non facile, soprattutto durante le sessione invernale in cui difficilmente le grandi squadre si privano dei calciatori più forti. Difficile ma necessario, perché il Napoli ha bisogno di ritrovare il binario di sinistra per esaltare le giocate di Insigne ed i conseguenti inserimenti opposti di un irriconoscibile Callejon.
71
Uno spettacolo che avremmo voluto risparmiarci. Un’esultanza che ha ferito chi ha urlato per anni il suo nome, che ha colpito anche chi l’ha difeso quando indifendibile. Un finale che sembrava già scritto, scontato oseremmo dire. A frenare gli entusiasmi dei tifosi proprio colui che non doveva giocare: l’ingrato con la 9 bianconera. Il più odiato ed il più temuto, esaltato anziché impaurito dai fischi del San Paolo. Sembra un’altra persona, il Pipita. Non sembra più il calciatore mai decisivo nelle sfide fondamentali, ma un cecchino infallibile (almeno contro gli azzurri) da quando ha deciso di spezzare il cuore ai tifosi accettando la corte degli uomini sotto la Mole.
L’esultanza ha il sapore di chi sputa nel piatto in cui ha mangiato per anni, ed è proprio questo a fare male. Gonzalo è lo stesso che lamentava dei plateali errori arbitrali contro il Napoli facendosi espellere per il troppo nervosismo, mentre ora non perde occasione per mascherarsi da paladino della giustizia bianconera e fare la guerra ai suoi ex compagni. Inutile discutere dei commenti arrivati tramite i social dal fratello Nicolas: a quelli siamo abituati, ai traditori non ancora.
Ora però sarà importante spegnere le polemiche, perché questo Napoli ci ha abituati a rialzarsi dopo ogni sconfitta, dimostrando a tutti che si può essere feriti, ma non necessariamente morti.
a cura di Claudio Pomarico
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