È accaduto proprio quello che tutti temevamo: l’Italia fuori dai Mondiali, fuori per demeriti propri più che per meriti avversari. 180’ non sono bastati per fare gol ad una Svezia che ha messo tutto quello che aveva a disposizione per battere gli azzurri, con ovviamente su tutte la strategia di innervosire i nostri calciatori, riuscita perfettamente.
Troppo furbo per essere sincero
Alla confusione generata dalle scelte tecniche infatti è bastato togliere agli azzurri la tranquillità delle giocate semplici, quelle che hanno colpito tutti i calciatori nell’arco delle due partite. E chi – come De Laurentiis – si aspettava le dimissioni del CT e di Tavecchio negli istanti successivi alla gara di San Siro probabilmente crede di vivere in un altro Paese, perché nel nostro vige la sacra legge dello scaricabarile e non quella della responsabilità oggettiva.
I vertici della Federcalcio prendono tempo, Ventura quasi cede ad un tackle scivolato delle Iene e tutto tace come da tradizione italiana. Tradizione italiana come quella del salto in lungo per scappare dal carro dei perdenti, e poco importa se quel carro l’hai costruito proprio tu. Addirittura il Ministro Lotti dice la sua, parlando di un sistema calcio da rifondare. Lo stesso sistema in cui non riesce a far eleggere un Presidente di Lega condiviso e riformare una legge seria sugli stadi ed i diritti TV. Per evitare brutte figure, basterebbe lasciare la propaganda politica fuori dalla passione pallonara, soprattutto se hai le mani sporche di fallimento.
Tu t’e scurdat ‘e me
Per valutare il lavoro di un allenatore è scontato iniziare dai risultati raggiunti (oppure no), ma per raggiungere una completezza di pensiero bisogna ragionare anche sul percorso intrapreso e sulle scelte fatte in due anni di gestione. Ventura appena arrivato ha voluto subito chiarire che avrebbe tenuto in considerazione tutti senza pregiudizi, pensando agli stage come serbatoi da cui attingere elementi utili alla causa. E l’idea, così com’è stata pensata, non poteva che animare positivamente chi già da tempo parlava di nuovo ciclo e campioni da svezzare. Ma la teoria si sa, non sempre coincide con la pratica.
Infatti, nonostante gli stage siano andati avanti con l’inserimento di molti elementi promettenti, nelle partite decisive ed in gran parte delle qualificazioni, Ventura si è affidato a buona parte del gruppo già a disposizione di Conte due anni prima. Allora tutti si domandano: cos’ha rinnovato in realtà? Niente, risponderanno circa 30 milioni di italiani in coro. Proprio non va giù la scelta di lasciare due dei calciatori più in forma della Serie A (Insigne del Napoli ed El Shaarawy della Roma) in favore di un modulo con due attaccanti che neanche alla Play Station avrebbe scardinato la rocciosa Svezia. Allora quello che chiediamo al prossimo CT è qualcosa di semplice: non dimenticare di far giocare i più bravi, cancellando da questo sistema già contorto le scelte politicamente corrette, perché quelle come abbiamo visto, non portano da nessuna parte.
Cicatrici che bruceranno a lungo
L’eliminazione fa male e ne farà ancora. Ne porteremo addosso i segni per un bel po’, a partire dalle amichevoli che in teoria sarebbero servite a preparare la squadra al Mondiale, fino ovviamente al Mondiale stesso. E poi ancora, per quattro anni, con un Europeo in mezzo che dovrà essere il primo banco di prova della prossima nazionale. Talenti da coltivare, nonostante si dica il contrario, ce ne sono. Certo, mancherà la classe di gente come Totti e Baggio, ma i campioni purtroppo non nascono tutti gli anni. Sarà la nazionale di Insigne, Donnarumma, Caldara, Jorginho, El Shaarawy, Florenzi e Belotti.
Una nazionale che potrebbe vivere periodi di transizione prima di tornare ai vertici del calcio mondiale, ma che con la giusta guida tecnica potrebbe potenzialmente raggiungere risultati che ad oggi sembrano lontanissimi. Adesso ci vuole pazienza e spirito di (ri)organizzazione. Una riforma che preveda l’utilizzo da parte dei club di più calciatori italiani potrebbe essere una soluzione, ma sarebbe sbagliato credere che sia la panacea di tutti i mali. Per rifondare purtroppo niente è meglio di un fragoroso fallimento, e spetterà a chi in questi due anni ha vissuto da comparsa essere protagonista. I reduci di questa spedizione a quel punto guarderanno le proprie cicatrici, ricordando ai più giovani quanto questa nazione abbia bisogno del calcio per continuare a sognare. Ora mettiamoci un punto, e che sia deciso.
a cura di Claudio Pomarico