Il ministro dello Sport, Luca Lotti, ha definito quella di oggi “una giornata molto triste”, rispondendo ai giornalisti che lo attendevano questa mattina all’esterno della sede del Coni a Roma, e ha parlato di mondo del calcio che adesso dovrà approfittare dell’assenza dai Mondiali 2018 per cercare di attuare una rifondazione che finora nessuno aveva avuto il coraggio di mettere in pratica. Il fallimento della Nazionale infatti non è avvenuto soltanto a livello tecnico ma anche istituzionale, con tante cose che non hanno funzionato a partire non da ieri, non dal 2016 quando Ventura venne scelto come commissario tecnico e nemmeno dalle fallimentare spedizioni in Coppa del Mondo nel 2010 e nel 2014. I disastri dell’Italia risalgono almeno al 2006, anno del trionfo in Germania figlio però dell’ultima vera generazione di campioni a disposizione. Oggi non ci sono più i vari Totti, Del Piero, Fabio Cannavaro, Nesta, e quel che è rimasto di allora sono i totem, Buffon, De Rossi, Barzagli ed anche Pirlo.
Tutta gente ormai già da tempo vicina al momento di appendere le scarpette al chiodo, mentre niente veniva fatto per formare le leve calcistiche del domani. Difatti oggi ci troviamo nella situazione di dover rimpiangere il passato senza la convinzione di poter vedere nuovi, predestinati campionissimi in futuro. E questo perché i vertici federali non hanno fatto niente, ho hanno agito in maniera sbagliata. Tanti sono gli esempi che potrebbero essere fatti, a cominciare dal persistere di un campionato a 20 squadre con il prolificare di stranieri sempre più senza freni, fino al non fare quasi niente per rendere competitive le formazioni Primavera (solo da quest’anno sono stati composti i gironi in base alla competitività) e ad investire soltanto 9 milioni di euro nei settori giovanili contro i 300 messi sul tavolo dalla Germania negli anni scorsi.
Il progetto di marca tedesca difatti oggi può contare su basi solidissime, nonostante un campionato come la Bundesliga non eccezionale. E questo grazie anche al diverso atteggiamento della politica, che si era interessata concretamente alla problematica di ridare competitività alla sua Nazionale grazie anche ad interventi mirati in ambito di accoglienza e di diritto di cittadinanza. Qui in Italia una cosa del genere non sembra possibile e nemmeno pare piacere a tutti. Ma per non divagare e per restare nell’ambito dello sport, la situazione oggi è quella che è, con una confusione che regna già da tempo attorno a figure controverse come quella di Tavecchio o di Lotito,che per un certo periodo ha avuto un ascendente non da poco in FIGC.
Ora Lotti parla di rifondazione, quando il primo a farlo era stato Aurelio De Laurentiis, che a giugno in una intervista faceva riferimento all’Italia come “al Paese dei compromessi”. Il presidente del Napoli denunciava un caos in seno alla Serie A, e riteneva inconcepibile l’assenza dello Stato in quello che è un aspetto comunque importante e che comporta degli interessi. Ed i fattori di critica e di impedimento alla crescita ed al miglioramento del movimento calcistico stanno anche in altri aspetti, secondo De Laurentiis. Il patron del Napoli, tra le altre cose, si è sempre lamentato della possibilità di non poter avvalersi di uno stadio di proprietà senza prima perdersi in una giungla burocratica. De Laurentiis invocava una tabula rasa per ripartire. Il fatto che invece Tavecchio, ed anche Ventura, non si siano ancora dimessi, la dice lunga.
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