L’allenatore della Roma Eusebio Di Francesco ha rilasciato una lunga intervista al ‘Corriere dello Sport’. Sono stati tanti gli argomenti trattati dal tecnico giallorosso: Di Francesco ha però parlato anche del Napoli in merito alla lotta Scudetto e di Sarri come uno dei suoi modelli d’ispirazione.
Parlando della bagarre per il Tricolore che attualmente vede il Napoli in testa alla classifica, Di Francesco ha dichiarato: “Ci siamo anche noi e lotteremo fino alla fine. Ci stiamo attrezzando, conoscendo le nostre rivali. C’è il Napoli davanti che gioca un gran bel calcio. Ma io sono convinto che resti la Juve la squadra da battere: la novità di questo campionato magari è che ci siamo tutti avvicinati di più a loro. E conta che noi siamo lì, pronti”. Parlando di Roma-Napoli, sfida persa dai giallorossi per 1-0, l’allenatore ex Sassuolo ha aggiunto: “Con l’Atletico Madrid non stavamo bene fisicamente ma abbiamo resistito, prendendo fiducia. Con il Napoli abbiamo perso perché difendevamo troppo bassi. Da mesi cercavo di spiegare il contrario e con quell’esempio, la squadra ha capito che doveva osare. Difendere avanzando, non arretrando”.
Parlando dei modelli che segue, Di Francesco ha commentato: “Mi colpiscono Guardiola e Sarri. In generale amo gli allenatori che trasmettono il loro pensiero senza specchiarsi negli avversari. Ma mi piace anche imparare da me stesso, perché l’intuito è decisivo nelle scelte di un allenatore. Da Capello ho imparato molto per quanto riguarda la gestione del gruppo e da Zeman per la fase offensiva e per la cultura del lavoro: adesso tutti diciamo che la ripetitività degli esercizi in allenamento migliora i calciatori ma Zeman lo diceva trent’anni fa. E la sua fase offensiva, in quella fase storica del calcio, non la faceva nessuno”. Commentando il problema degli infortuni che affligge la Roma e, con i due lungodegenti Milik e Ghoulam, ora anche il Napoli, l’allenatore giallorosso ha aggiunto: “Quando giochi ogni tre giorni è difficile recuperare e anche allenarsi. La cosa difficile non è tanto la partita, ma il viaggio e il sonno perso. Vi faccio un esempio che ho avuto al Sassuolo: Magnanelli, professionista al 110%, si è rotto il ginocchio come Karsdorp perché con tanti infortuni non potevo farlo riposare. Andando in campo tre volte alla settimana, alla fine il fisico gli ha chiesto il conto”.
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