Non ci resta che combattere
Ci avevamo creduto, sperato, ma non è andata come avremmo voluto. Stimare il peso degli infortuni di Milik prima e Ghoulam poi è un compito da masochisti, e l’unica cosa certa è che il Napoli quest’anno deve fare i conti con un nemico in più: la sfortuna. Infatti, se il VAR ha eliminato tutti quegli episodi che in passato venivano inseriti erroneamente in questa categoria, purtroppo non può far nulla contro le maledizioni degli avversari. C’è solo da ripartire in fretta, combattere.
Anche contro qualcosa che materialmente non esiste e aleggia come una fantozziana precipitazione sulle teste degli azzurri. Non è tempo di mollare, non si può cedere il passo. Non adesso. In primis i tifosi, che già parlano di un mercato sbagliato, incompleto, senza neanche dare la possibilità a Mario Rui di giocare più dei 3 minuti visti con il Cagliari. Certamente non sarà al top, ma considerarlo un bidone è la solita esagerazione tutta italiana. Diamogli il tempo e soprattutto il coraggio per esprimere con tranquillità tutte le sue qualità. Niente allarmismi quindi ragazzi, lasciamoli combattere.
Le cose che abbiamo in comune
Sarri e Guardiola. Così diversi e così simili, fatti della stessa sostanza calcistica, figli dello stesso credo: il lavoro. Due martelli nelle teste dei calciatori, ossessionati dal modo e dal come, più che dal quanto.
Se non fossimo tifosi emotivamente coinvolti e feriti dal risultato finale, potremmo definire il match di mercoledì come un meraviglioso trattato di calcio moderno, senza confini. La bellezza ha inizio già dai piedi dei due portieri, per nulla in difficoltà quando costretti a passaggi da brividi dentro l’area oppure a lanci millimetrici sui propri avanti.
Lo stesso vale per i rispettivi metronomi, il “di nuovo” brasiliano Jorginho e Fernandinho, i primi ad aggredire l’avversario a palla persa. Analogie tra le due squadre che somigliano all’impronta digitale dei propri tecnici, che hanno come uniche differenze la qualità e (purtroppo) la quantità del materiale umano a disposizione, soprattutto in panchina. In un mondo di fantasia avrei voluto vedere i due a panchine invertite. Chissà se Pep avrebbe creato così tante difficoltà a Maurizio. Ma lasciamo tutto questo ragionamento alla fantasia, perché Sarri è nostro e speriamo di non doverlo mai sostituire.
Mo’ basta per carità
È facile salire sul carro dei vincitori, ancor più facile è affacciarsi dal lato dei criticoni, di chi sa lamentarsi a prescindere. In questi giorni di post-gara ho purtroppo “ammirato” la spensieratezza con cui media (di parte e non) siano stati in grado di criticare chi è riuscito a creare un capolavoro tecnico. Oltre a gettare del fango sul mercato di Giuntoli e ADL, hanno definito Sarri un integralista come se fosse un insulto. Risulta evidente però che dal momento in cui il Napoli è passato ad un 4-2-4 il pressing è andato a vuoto e gli spazi si sono chiusi anziché aprirsi. Allora perché cambiare tanto per cambiare? La squadra gioca così, meglio farsene una ragione ed evitare fegati spappolati e critiche gratuite.
Partendo dal fatto che gli errori li commette solo chi agisce, questa situazione non può che ledere al futuro del Napoli. “Panchina corta”, “Ounas quando gioca?”, “Maggio non può fare il titolare” vanno per la maggiore. Allora a queste persone dovremmo ricordare che se come dice Allegri sono i risultati a rispondere alle critiche, il Napoli è primo in classifica e fa tremare le gambe ad ogni avversario che gli si presenta contro. E se le difficoltà con il tempo sono aumentate, c’è da capire che proprio adesso la squadra ha bisogno del massimo sostegno, evitando le pubbliche lapidazioni. Adesso basta, per carità!
a cura di Claudio Pomarico
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