Melodia, armonia e contrappunto. Paragonare questo Napoli ad un’orchestra non è un azzardo da tifosi privi di oggettività, ma una visione d’insieme che non potrebbe essere più esaustiva. Esigere la perfezione dai propri musicisti è certamente lo spirito di ogni Direttore d’orchestra prima di un grande concerto, per questo egli sprona tutti i suoi elementi a lavorare sulla propria parte, per essere perfetti quando dovranno esserlo. Ore, giorni, spesso mesi di prove. Come quelle iniziate dal Napoli a Dimaro, che hanno permesso di evitare a piè pari tappeti e riflettori che avrebbero distratto tutti da un concerto chiamato Scudetto. E allora, nel paragone musicale di un’orchestra jazz, possiamo assegnare a tutti gli elementi lo strumento che più gli si addice, che più somiglia al suono che emette nella sinfonia azzurra.
Il Sarrismo e la sezione ritmica: percussioni, contrabbasso e pianoforte
Nel calcio, come nella musica, c’è bisogno di una linea guida. Perché andare a tempo è fondamentale, e senza triangolazioni, inserimenti, sovrapposizioni e scalate difensive, quelle dei ‘musicisti’ di Sarri sarebbero azioni confusionarie, non armoniche e ben definite. Come un metronomo ed il suo Tic tac, tic tac, il Napoli ha il suo ritmo nei due tocchi massimo con cui il pallone circola rigorosamente nella metà campo avversaria. Reina, Albiol, Jorginho ed Insigne meritano certamente una parte in questa sezione. Sono loro infatti a dettare i tempi delle giocate. A Pepe Reina l’onere di far partire la musica, colui che prima di scaricare palla ha già indicato ai suoi compagni come schierarsi per ricevere il passaggio, passando per Albiol che guida la difesa nelle scalate ed è il capo di una linea difensiva sempre altissima. Jorginho poi, tra i veri emblemi del Sarrismo, fatto di due tocchi e liberarsi per ricevere un nuovo passaggio, pronto a tornare indietro se serve, ma anche a verticalizzare per i suoi compagni verso l’area avversaria. Infine Insigne. Quando sentite dei fischi provenire dal campo non spaventatevi, non è un vigile che vuole multarvi, è Lorenzo che chiama palla. Sì, perché l’orchestrazione degli ultimi passaggi passa per i suoi piedi ed il suo genio. Sta a lui decidere la giocata giusta tra le alternative a disposizione, scegliere tra il gioco a sinistra con Ghoulam ed Hamsik, il cambio di versante su Callejon e l’assolo improvvisato.
Sarrismo, i fiati e gli archi: sassofono, tromba e violini
Sono quegli elementi che “riempiono” il suono, donando alla composizione una ricchezza tangibile, riconoscibile dalla melodia che sprigionano, come un qualcosa che conosci bene ma che non smetteresti mai di ascoltare. Koulibaly, Ghoulam, Hamsik, Allan e Hysaj sono l’esempio perfetto di chi ha fatto delle proprie caratteristiche un punto di forza per il collettivo. Tutti, senza eccezioni, suonano a memoria uno spartito che fa dell’intensità la propria forza. Un crescendo paragonabile solo al Bolero di Ravel, fatto di sovrapposizioni ed inserimenti sempre più temuti e studiati dagli avversari, ma nonostante ciò di difficile valutazione per tutti, a gara in corso.
Il Sarrismo e i cantanti solisti: le voci di Mertens e Callejon
Mertens e Callejon. Solisti, certo, ma non nel significato letterario del termine quanto piuttosto nel senso di unicità delle giocate che propongono. Il taglio dello spagnolo alle spalle della difesa è sempre quello, dicono. Eppure individuarlo e studiarlo non vuol dire riuscire a contrastarlo. Il suo timbro è riconoscibile come un assolo di Miles Davis: unico e irripetibile. Infine Dries, che con l’assist servito ad Hamsik ha dimostrato quanto può essere incantevole l’improvvisazione di chi dà del tu al proprio strumento, nascondendo a 5 avversari un pallone che prima di raggiungere il capitano sembra sbucare dal nulla.
Il Direttore d’orchestra: Maurizio Sarri
Spendere ulteriori aggettivi per il tecnico potrebbe risultare scontato, addirittura stucchevole. Come ammesso dallo stesso mister, è arrivato il momento di vincere e badare poco ai complimenti. Gli applausi al termine di un concerto fanno piacere, certo, ma quello che resta nella storia sono le copie vendute, i dischi d’oro o, come in questo caso, le vittorie. Così, come un Claudio Abbado della musica classica, Sarri non vuole errori, ma solo la perfezione dell’opera.
di Claudio Pomarico