Benedetto ragazzo. Quante volte nella vita avrai mai potuto leggere il tuo nome accostato a quello del grande Signore di Firenze. Purtroppo chi narra le tue gesta troppo spesso vive di associazioni mentali così banali da diventare pane quotidiano. Lorenzo il Magnifico, Lorenzo il Magnifico, Lorenzo il Magnifico. L’abbiamo chiamato così fin dal primo momento, Lorenzo Insigne, fin dalla prima magia con la maglia del Napoli, o probabilmente anche prima. Di sicuro da prima che lo meritasse davvero, da prima che accadesse quello che poi è effettivamente accaduto. Perché adesso – anzi, dalla fine dello scorso anno – è accaduto davvero, come per magia, con una specie di shock stendhaliano che solo i migliori illusionisti sanno regalarti. Lorenzo Insigne è esploso, nel vero senso ‘sportivo’ della parola. Un giorno, all’improvviso, quando nessuno se l’aspettava più. L’esplosione ha travolto tutto e tutti, colpendo ben 20 volte nel giro di pochi mesi. E l’appellativo ‘storico’, che aveva perso qualsiasi efficacia, d’un tratto ha assunto il significato che volevamo dargli all’inizio. Adesso però si è addirittura evoluto e sta assumendo un senso più profondo, oserei dire più ordinato. Le esplosioni sono così: trascinano il mondo intero nel caos e prima di riprendersi ci vuole un po’; poi però pian piano tutto si trasforma ed inizia a prendere una forma più definita. Proprio come sta accadendo a Lorenzo, finalmente Magnifico per davvero.
Avrò rivisto quest’azione decine di volte, ed è sempre tutto così perfetto, così armonico, così sarriano. Ma c’è qualcosa in questa azione che splende di luce propria, che va isolata dal contesto e inserita di diritto nel museo delle magie. Lorenzo Insigne parte palla al piede come sa fare lui, il contropiede è rapidissimo e anche Milik, che pure aveva seguito alla grande la ripartenza, sembra esserci con un attimo di ritardo. Insigne capisce che per dare palla al polacco deve scavalcare ben tre difensori che hanno la ‘precedenza’, quindi o porta palla o inventa qualcosa di impensabile. Ovviamente sceglie la seconda strada, e in una frazione di secondo tocca il pallone con l’esterno destro, col contagiri, giusto il minimo indispensabile per servire un arcobaleno ad Arek. Il pallone prende una traiettoria che sfida le leggi della fisica e si adagia sul piede dell’attaccante, che poi di prima intenzione (non era facile) incrocia e batte Nicolas. Semplicemente un colpo di genio, uno dei tanti che ci sta regalando Insigne in questa prima fase di stagione. Gli assist non escono sui tabellini, specialmente se poi l’attaccante non finalizza, ma chi ama il calcio e guarda bene le partite li apprezza tutti, anche quelli che non portano a “nulla” se non ad un mero appagamento estetico.
Dopo il rinnovo di contratto e la fascia di capitano sempre più frequente, il mese di agosto è stato quello della definitiva maturazione tecnica per un calciatore che ha il gol come semplice ciliegina sulla torta di un repertorio fuori dal comune. Con l’Espanyol e col Nizza si è visto un Lorenzo poco appariscente ma tremendamente efficace. La palla di tacco sull’incursione di Mertens che è valsa il rigore contro i francesi è arte, una pennellata come tante altre dispensate nel corso della gara. Come col Verona: l’assist a Milik vale un fantacalcistico +1, quello a Mertens prima del gol di Ghoulam invece no, ma è un altro esempio di ciò che sta diventando Lorenzo Insigne. Un sublime direttore d’orchestra, un regista sempre più consapevole che cerca sempre meno di apparire (avete notato quanto stia provando sempre meno il rientro-e-tiro-a-giro?) e sempre più di essere. E così come le evoluzioni tecniche di un regista può apprezzarle solo chi conosce bene il cinema, chi ama il calcio non guarda solo chi butta il pallone in rete ma anche chi fa sì che l’attaccante sia messo in condizione di far gol. Poi la gioia della rete che si gonfia arriverà anche per lui, ma solo quando sarà il momento giusto. Lorenzo sembra averlo capito meglio di chiunque altro e aspetta il suo momento senza fretta, segno di una maturità acquisita, segno che l’ora di affermarsi una volta e per sempre come il miglior talento italiano è finalmente arrivata. Sempre meno protagonista, sempre più direttore. Anzi, sempre più rettore. Un Magnifico rettore. E perdonateci la banalità.
di Antonio Papa (Facebook @ntoniopa)
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