Se avesse vissuto nel Medioevo sarebbe sicuramente stato uno scudiero nobile: alle dipendenze di un illustre cavaliere, pronto ad apprendere da quest’ultimo per poi raggiungere il medesimo livello. In prima linea a scontrarsi con gli scudieri rivali e con chiunque ci fosse al loro seguito in combattimento. Una figura nobile, che viene dal basso, umile. Gianluca Grava è stato sicuramente tutto questo: lo scudiero del Napoli che dalla Serie C è arrivato fino in Champions League. Otto anni e mezzo all’ombra del Vesuvio, Grava è passato dal mangiare la polvere dei campi di periferia al respirare l’aria di Champions in panchina all’Allianz Arena, fino ad arrivare all’esordio nella massima competizione europea nel dicembre 2011 allo Stadio della Ceramica contro il Villareal. Quando arrivò a Napoli nel lontano 24 gennaio 2005, per una cifra che si aggirava intorno ai 400 mila euro, Grava aveva un chiarissimo obbiettivo: ritornare subito in Serie B. Si, perché a Gravatar la C stava stretta in quanto nel suo curriculum arrivava in azzurro con già 128 presenze in Serie B collezionate con le maglie di Ternana e Catanzaro. Un lusso che il Napoli Soccer si concesse e che portò grandi risultati con la promozione in Serie B nel 2006.
In quegli anni Grava fu un pilastro della squadra azzurra: un terzino/esterno destro infaticabile che spesso ebbe l’onere di indossare anche la fascia da capitano. Dopo la gioia della prima promozione, grazie anche alle sue prestazioni, il Napoli ne conquista una seconda, questa volta dalla B alla A, con Grava che esordisce nella massima serie per la prima volta a 30 anni. Dopo gli anni dell’indiscutibile titolarità arriva poi il declino che coincide con il secondo anno di A: solo 6 presenze in un campionato che si conclude con l’esonero di Reja e l’arrivo di Donadoni in panchina. Molti giocatori normali, a 32 anni, dopo una stagione del genere avrebbero spinto per cambiare maglia per riavere la titolarità. Grava però non era un giocatore normale, lo sembrava sì, ma non lo era, lui volle restare e fu ripagato: nella stagione 2009/10 in panchina arrivò Mazzarri, una svolta per il Napoli e per Grava. Da quando il tecnico toscano prese il posto di Donadoni, Grava iniziò a giocare sempre di più, fino a ritagliarsi un ruolo da titolare nella difesa a tre. Nessuno dimenticherà mai la sua efficacia nell’annullare totalmente campioni del calibro di Ronaldinho con una semplicità disarmante. E, ancora, è indelebile quel salvataggio in scivolata al novantesimo contro il Lecce che diede il via all’azione che poi porta all’eurogoal di Cavani.
Gianluca Grava: soltanto due reti in maglia azzurra in 180 presenze, ma tante, tantissime maglie sudate e prestazioni da Champions. Quella raggiunta e giocata (anche se per pochi minuti) dallo scudiero azzurro che dalla Serie C ha tenuto fede ad una maglia che ha onorato come pochi altri.
a cura di Roberto Rossi (Twitter: @RobSnowflower)
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