Si sa, il calcio è pieno di pregiudizi. Sembra quasi che appena un calciatore scollina ai 30 diventa automaticamente un vecchio catorcio, un ingranaggio da parcheggiare o sostituire. Marek Hamsik a questa quota ci arriva a fine luglio e c’è già chi gli sta preparando le carte per la pensione. Oddio, i tirapiedi non sono mai mancati, al capitano azzurro. Gira questa strana voce che non sappia fare la differenza nelle partite che contano, uno che in 9 anni di Napoli è riuscito a buttarla dentro la bellezza di 113 volte, che nelle news Napoli significa -2 dal Mito. 113 gol. Da centrocampista. E gli assist, beh, quelli non si contano neanche più. Certo, bontà sua, non è Maradona, e ci mancherebbe altro. Ma Marek è il primo a saperlo e la differenza si limita a farla come sa farla lui: essendoci e trascinando i compagni con le sue straordinarie doti da tuttocampista. Passaggio, tiro, gol: alle 113 napoletane aggiungeteci anche le 20 con la maglia della Nazionale slovacca, della quale – manco a dirlo – è (vice)capitano da quando ancora non gli cresceva la barba. Anzi, facciamo 21: andatevi a riguardare la punizione con la quale ieri sera ha buttato giù la porta della Lituania. E l’assist, of course: palla nello spazio senza guardare e Weiss la appoggia dentro facile facile. Quindici reti in maglia azzurra, quella appena trascorsa è la miglior stagione in carriera di Marek, anche sul piano realizzativo. Ma non solo in quel senso. Sarri ha incoronato più volte Hamsik come l’unico vero insostituibile della squadra e lo ha valorizzato come nessuno prima di lui. E ora, a 30 anni che stanno per suonare, c’è chi vorrebbe trovargli un’alternativa non solo tecnica ma anche tattica. Probabilmente però lui non è dello stesso avviso: la prossima sarà la stagione della consacrazione, deve esserlo. Con il Mondiale alle porte e la stagione del “proviamoci” in salsa napoletana Marek è pronto a rilanciare, pronto a portare per mano Napoli e Slovacchia a togliersi tante soddisfazioni. E chissà, magari anche ad alzare quel trofeo lì, il più importante in Italia, quello che meglio non nominarlo.
di Antonio Papa (Facebook @ntoniopa)