Il teatro San Carlo quel giorno anticipò la programmazione per lasciare spazio ad un altro teatro a cielo aperto, più popolare ma non per questo meno nobile: il San Paolo. Una trepidante attesa andava rispettata e meritava di essere vissuta appieno per poi trasformarsi, nel bel mezzo del pomeriggio domenicale, in pura gioia evasiva. Nulla era certo, ma la città nelle ore che precedettero la partita era come avvolta da una patina dorata che preservava, almeno in quel giorno, la vita dei napoletani dalle brutture, le ingiustizie e i malanni di routine. Era il 10 maggio 1987, il giorno della gioia, sconfinata come il mare che bagnava il golfo.
Se si parla di Napoli-Fiorentina non si può non ricordare quella partita di trent’anni fa. Quell’anno la squadra di Ottavio Bianchi demolì come un carro armato tutto ciò che passava davanti a se. Era il Napoli degli italiani – ventidue su ventitre – quelli che visceralmente avevano sposato, ancor prima che un progetto tecnico, la napoletanità di un popolo che nel pallone poteva trovare il proprio riscatto. E poi c’era lui, il capitano, arrivato dall’Argentina, passato da Barcellona: Maradona, straniero in un terra che definirà, al termine di quella partita, casa sua. Quello era anche il Napoli di Ferlaino, presidente che, dopo diciotto anni di patronato passati tra gioie e dolori, era riuscito a incoronare regina del calcio italiano la sua Napoli (e scusate se è poco!). Infine quello era il Napoli dei napoletani, gelosi del proprio essere, fieri del loro presente, che oggi è passato remoto, ma nonostante ciò riempie ancora il cuore d’orgoglio per un giorno storico che niente potrà offuscare.
Quel pomeriggio il Napoli pareggiò 1 a 1 contro la Fiorentina: al goal partenopeo di Carnevale al 29′, rispose la punizione di Baggio che pareggiò i conti dieci minuti più tardi. Quel pomeriggio, quella tra la viola e gli azzurri, fu una partita che si giocava col corpo al San Paolo, ma con la mente e soprattutto le orecchie a Bergamo, dove l’Inter (che contendeva lo scudetto al Napoli) perse sorprendentemente contro l’Atalanta. Non c’era più storia, o meglio, la storia era ormai scritta ed il punto finale alla frase conclusiva dell’ultima pagina del libro più bello di sempre era stato messo: “17.47, 10 maggio 1987, il Napoli è campione d’Italia”.
a cura di Roberto Rossi (Twitter:@RobSnowflower)