Ebbene si, la classifica mi piace guardarla sul Televideo. Con tutta la tecnologia a disposizione scelgo il caro e vecchio servizio teletext della Rai. Lettere verdi su sfondo nero. Un feticcio riconducibile forse all’ultimo scudetto: quel “Napoli Campione d’Italia” sparato a tutto schermo e nessun plug-in Flash da scaricare. Ultimo baluardo romantico di quel calcio di-domenica-alle-tre. Tuttavia , spesso i ricordi sono bastardi e fanno male al fegato, quindi il presente stampato sulla tv recita “Roma 72, Napoli 70″. Davanti quelli con nessun colore e dietro il vuoto. Due squadre nella terra di mezzo, in cui non si vince niente ma dove tutti vogliono andare. In particolare per il posto al sole che salva le vacanze estive e soprattutto vale almeno 40 milioni sull’unghia manco fosse il Superenalotto.
Napoli, De Laurentiis parla di scudetto. Un trofeo vero dopo quello del bilancio?
Ok, tutto molto bello. Ma lì non si vince nulla. Nessun trofeo da mettere in bacheca. Nessuna possibilità di primati e sfottò, la vera libidine di chi fagocita giorno per giorno le news Napoli e si appassiona dietro a un pallone che rotola. Già vi vedo a schiumare invidia – proprio cosi, invidia – guardando da lontano gente che mette sotto le regine d’Europa e in Italia vince senza soluzione di continuità. “Per lo scudetto ci stiamo attrezzando, un passo alla volta“. De Laurentiis dispensa promesse che fanno sperare in una crescita costante, ma che non sono ancora suffragate dall’evidenza dei fatti. Anche perché, se vogliamo dirla tutta, è già qualche anno che il patron il suo “scudetto” arriva puntualmente a centrarlo. Vanno bene i conti a posto, la costante partecipazione alle competizioni europee, gli applausi per il bel gioco. Ma a breve si imporrà un bivio che renderà impossibile temporeggiare oltre: questo club cosa vuole essere? Un’autentica alternativa alla Juve oppure una fabbrica di talenti che vanno prendersi la gloria altrove? Lavezzi, Cavani, Higuain: campioni attorno ai quali si sarebbero potute costruire delle corazzate. Progetti naufragati sull’altare delle plusvalenze, nel credo dell’autosufficienza. Eppure qualche linguaccia sostiene ancora che i tifosi “vogliono divertirsi con i danari e gli eventuali debiti di Adl“. Niente di più distorto. La condotta finanziaria della proprietà è ineccepibile, ma se si vorrà garantire la competitività ad alti livelli sarà necessario fare un passo indietro. Ammettere che più di cosi non è possibile spingersi e trovare sinergie nuove per investimenti imprescindibili: strutture, settore giovanile, stadio. E quindi fatturato. I campioni sarebbero solo una naturale conseguenza. Perché qui c’è in ballo la gioia di oltre sei milioni di finanziatori che nel mercato globale mantengono i conti a posto. Già, non è più il caso di chiamarli solo tifosi.
di Marcello Mastice (Twitter @marcellomastice)