Così tanti, in trasferta, non ne erano mai arrivati. Ma per festeggiare il traguardo delle 600 gare giocate dal Napoli di Aurelio De Laurentiis non c’era modo migliore: sette reti al Dall’Ara di Bologna, una prestazione senza precedenti, una gara giocata con intensità dal primo all’ultimo minuto.
Vero quel che dicono i critici: un Napoli così non si era mai visto, così bello, arrembante, propositivo, capace di realizzare sette reti in una partita che non è parsa mai realmente finita. Sarebbe arrivato anche l’ottavo se Massa non avesse fischiato, perché gli azzurri sono una macchina perfetta in serate così; il Bologna ha provato a giocarsela, baricentro alto e testa alta, il primo errore da non commettere contro questo Napoli.
Perché se sei la Juve o la Roma, te la giochi, ma se i valori in campo sono così diversi, allora sarebbe meglio provarci in altro modo.
E quello che lo scorso anno è diventato il campo della disfatta, con una sconfitta che diede il senso della (im)maturità del gruppo, questa volta sa di consacrazione.
Non definitiva, ci mancherebbe, perché Bologna viene dopo appena 6 giorni dal pari col Palermo. E sarebbe bene non dimenticarlo.
Come può una squadra trasformarsi così in così poco tempo?
Storie di calcio, di sport in generale, che una sera prima non ti entra niente e quella dopo ne puoi anche fare sette. Il problema del Napoli non sta lì, ma nella testa. Quella che perdi subendo un gol evitabilissimo dal Bologna (e la porta ancora non è immacolata), quella che Callejon perde lasciandosi andare a due sciocchezze macroscopiche (e rischia ora due turni di stop, contro Genoa e Chievo Verona), quella che Hysaj spegne difendendo malissimo in occasione del gol di Torosidis, dove pure Reina si era superato.
Menomale per Sarri che Donadoni l’ha preparata come piace a lui: i tre avanti azzurri hanno trovato campo aperto per fare quel che più gli anadava, hanno macinato palloni e gioco, hanno illuminato grazie alle assistenze di un Hamsik super ed uno Zielinski che, ora si, fa mangiare le mani per non esserci stato col Palermo.
Perché? Perché il Napoli non dà senso alla sua bellezza, continuità al suo modo di vincere.
Lo si era detto durante la scorsa settimana: le grandi squadre la vincono nei primi minuti, poi gestiscono il risultato soprattutto in trasferta. Applicata la teoria, è venuta fuori anche la pratica.
Una gara praticamente perfetta, dal primo gol di Hamsik al raddoppio di Insigne; poi le magie di Mertens, alla fine lui e Marek porteranno a casa il pallone.
Bologna non fa più paura, ma fa paura il Napoli: che pur essendo la squadra più bella di questo campionato, però, non può avere leciti sogni di vittoria.
Perché la Juve ha (potenzialmente) già 10 punti di vantaggio, perché la Roma potrebbe scavalcarlo nuovamente già oggi, perché sai bene che, alla prima curva, il Napoli potrebbe tradire di nuovo. Come con Lazio, Sassuolo, Palermo. Come in trasferta con il Genoa, prossimo avversario azzurro.
Se fosse una gara a chi ti fa emozionare di più non ci sarebbe storia: il Napoli delle 7 meraviglie ammirato ieri sera vince con distacco su tutte le altre messe insieme.
Sogna e fa sognare la città, i suoi tifosi, ma di concreto a casa cosa porta? Cosa devono aspettarsi i tifosi?
All’orizzonte si staglia lo scenario più pericoloso: come fu per il Napoli di Vinicio, anche questo di Sarri rischia di diventare solo una bella storia da raccontare, una di quelle squadre bellissime, ma inconcludenti.
E la ‘scusante’ Juve-cannibale non può bastare, perché vendere alla tua migliore concorrente il pezzo forte è un doppio errore che Napoli e Roma non potevano permettersi.
Il campionato non è ancora chiuso, ne mancano ancora tantissime, ma bisogna sperare che anche gli altri facciano un passo falso. Senza farsi trasportare dagli eventi, esaltarsi dopo una vittoria o crollare dopo un inspiegabile pari.
Perché con qualche passo falso in meno questa squadra sarebbe lì a giocarsela con tutti, a cullare un sogno scudetto che, oggi, è ancora troppo lontano.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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