Trenta minuti non fanno una partita, è vero, ma possono dare più di un segnale. Quello di ieri sera è arrivato, ancora una volta, forte e chiaro: non provate a sottovalutare questo Napoli, croce e delizia di ogni allenatore, tifoso, appassionato che sia, dentro o lontano dal campo, seduto sul divano o sopra una gradinata.
In mezz’ora il Napoli ha ubriacato tutti: i tifosi deliranti a San Siro, le dirette avversarie che guardavano alla Tv, il Milan in campo. I rossoneri ci hanno capito poco, e se non fossero stati messi nuovamente in partita da un errore azzurro, probabilmente il gol della bandiera niente sarebbe arrivato.
Ma va così, perché il Napoli non è perfetto e spesso regala minuti importanti; se Mertens avesse messo dentro il terzo gol, se Rocchi avesse fischiato il rigore proprio al belga in precedenza, probabilmente avremmo visto un’altra partita.
Eppure con i se nello sport non si arriva lontano e bisogna fare i conti con quel che effettivamente è stato.
Un’ora di sofferenza, perché dopo le reti di Insigne e Callejon, bellissime per movimenti, tempismo, tenacia, i rossoneri sono venuti fuori, hanno spaventato, hanno pure segnato. Con Kucka, su retropassaggio errato di Jorginho e conseguente pasticcio di Tonelli: frittata è fatta e gol rossonero pure.
Ma perché il Napoli sa essere tutto e il contrario di tutto? Perché questa squadra è un’ottima squadra, ma non ancora una grande squadra, di quelle che dopo il doppio gancio sanno anche sfinirti, mandarti al tappeto, senza farti rialzare.
C’erano tutti gli ingredienti, ieri al San Siro, eppure la squadra di Sarri ha saputo tenere in vita i padroni di casa per tutto il match, fino all’ultima palla giocabile.
Troppi errori, troppe certezze improvvisamente svanite, troppi giochi di ruolo e qualche assenza mortifera; Tonelli, senza gol, dimostra quello che è, un buon centrale di rotazione che però non può essere rischiato a Milano. Manca Ghoulam a sinistra, mentre Strinic si perde a ripetizione Abate e Suso, e manca anche Diawara, perché in mezzo al campo Jorginho continua a sbagliare quello che si può.
Eppure questo Napoli potrebbe incantare, perché in dieci secondi arriva in porta, perché poggia le mani sul talento di Lorenzo Insigne e sulla qualità di una squadra che dipinge calcio alle pareti per poi strappare via l’intonaco senza ragione.
Niente più Jeckyll e Hyde, stavolta a giocarsi la faccia sono Sarri e il Napoli; belli, dannati, altalenanti. Però vincenti, perché per gli azzurri è il 14° risultato utile di fila, l’ottava vittoria nelle ultime nove uscite. Il bilancio del 2017 è in assoluto rialzo: quattro gare e altrettanto vittorie, questa la prima lontana dal San Paolo.
Per il secondo anno di fila il Napoli vince nella Milano rossonera, per il secondo anno consecutivo lo fa esprimendo al massimo il potenziale di Insigne; di destro, su punizione, ieri con un sinistro perfetto dal limite.
Quando vede il rosso (e nero) diventa un toro e le sue cifre schizzano verso l’alto.
Per una vittoria che potrebbe essere spartiacque nel prosieguo della stagione: la Roma è agganciata, almeno per qualche ora, la Juve è ad un solo punto ed il ruolo di questo Napoli in questo campionato sembra poter cambiare.
La squadra sta ripetendo quanto di buono fatto vedere un anno fa, quando il titolo di campioni d’inverno aveva offuscato la vista un po’ a tutti.
Fino alla gara di ritorno con la Roma all’Olimpico, ora, un calendario da affrontare con le migliori intenzioni: cinque gare in cui provare a fare bottino pieno, sperando nella contemporanea sosta di una delle squadre inseguitrici o che precedono.
Oggi domenica di sosta a guardare gli altri; le luci a San Siro sono spente, dopo aver illuminato con un azzurro intenso, per mezz’ora o più.
A cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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