Un gol per l’addio. Perché anche se le cose vanno male, tra due amanti, non c’è motivo per lasciarsi con rancore. Un gol per l’addio, ma un gol importante, di quelli che ti permettono di tenerti in piedi prima del colpo finale. Come in un match tra pugili, Manolo Gabbiadini è arrivato a Firenze senza i favori del pronostico, ma ha lasciato andare il gancio giusto, rigorosamente mancino, per portare il faccia a faccia ad un altro round, almeno.
Un round importante: il Napoli non cade al Franchi grazie a lui, l’uomo che quest’anno ha segnato solo tre gol e solo in un caso la sua marcatura non è poi valsa nemmeno un punto. Tre gol, si, ma di cui due dal dischetto, tanto per farci ripetere quanto freddo e distaccato sia dalle cose Manolo, anche quelle del campo.
Freddo si, ma dopo il gol di Firenze un po’ si è sciolto, così come aveva già fatto dopo la rete al Chievo in campionato di qualche mese fa, con quella corsa ad esultare sotto la curva; stavolta il bergamasco ha guardato in faccia i suoi compagni, i suoi tifosi, forse anche mister Sarri; Mertens, nel post-partita, con un italiano ingenuo fa capire che per l’ex Samp è arrivato il tempo dei saluti.
Ma è davvero conveniente lasciarlo andare?
Sul talento di Gabbiadini nessuno deve metter bocca; giocatori del 1991 con quella classe lì non si trovano al mercato e il Napoli anticipò tutti, due anni fa, andandolo a prendere a Genova ad un prezzo ragionevole, tutto sommato, per uno con quella qualità. A Napoli, forse, per intera non s’è mai vista, ma in brevi sprazzi di luce la sua cometa ha fatto strada; la fiducia, però, non è mai stata iena, prima con Higuain e poi con Milik, e per uno con quel carattere non è proprio il massimo.
Tutto sommato, anche in termini realizzativi, a Napoli non è andata male per i minuti collezionati, ma il povero Manolo si è sin da subito scontrato con una realtà tattica mai adiacente alle sue caratteristiche: prima il 4-2-3-1 rafaelita, nel quale era scheggia impazzita, poi il 4-3-3 sarriano che lo vuole punta centrale e non esterno, lui che punta centrale non è. E che, a differenza di Mertens, non ha saputo adattarsi alle nuove norme tattiche.
Da qui il divorzio: nel momento di urgenza massima, Gabbiadini non ha saputo prendere in corsa il treno che gli avrebbe spalancato le porte della squadra e della città.
Lui che, nonostante le difficoltà, ha però sempre saputo coltivare un rapporto puro con la tifoseria; il suo futuro è lontano da Napoli, forse anche lontano dall’Italia.
Ma in azzurro l’impronta l’ha lasciata; col suo piede sinistro, che di gol ne ha fatti, belli ed utili, fino all’ultimo minuto.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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