«Sono un uomo di mondo, io». Avrebbe tutto il diritto, Omar El Kaddouri, di pronunciare la frase cara a Totò per raccontare la sua vita di calciatore. Un quarto di secolo appena eppure, questo ragazzo magro come un chiodo e dal profilo assai importante è l’esempio del cittadino del mondo moderno.
Nato a Bruxelles, decide fin da piccolo di giocare a calcio. Non ha occhi, il piccolo Omar, che per quella sfera di cuoio che rincorre con entusiasmo. Calcia forte, prima col destro, poi col sinistro, segna, sbaglia gol facili, cade e si sbuccia le ginocchia. Tuttavia sorride ogni volta che stringe sottobraccio quegli spicchi di cuoio legati con le cuciture. A 15 anni appena è l’Anderlecht a sceglierlo per la propria rosa. Ci sarà da fare tutta la trafila, ma presto o tardi quel ragazzino dalla pelle olivastra sarà destinato a fare le fortune di un club dalla storia lunga e dai successi non meno importanti. Ma ecco che arriva il primo colpo di scena: Omar sceglie la nazionalità marocchina. Quelle terre lontane, col mare sullo sfondo e i deserti con la sabbia rossa, stimolano i sogni calcistici di questo ragazzino che strappa il passaporto belga e giura fedeltà a una delle nazionali più importanti del nord Africa.
Ma un altro colpo di scena è nell’aria e non tarda ad arrivare: durante un torneo di Viareggio, il poco più che maggiorenne El Kaddouri viene notato dagli osservatori del Brescia che immediatamente lo ingaggiano inserendolo nella rosa del proprio settore giovanile. Dopo qualche mese di ambientamento e un anno a farsi le ossa nel Sud Tirol, ecco che Omar ha l’occasione di mettere in mostra il proprio talento con la maglia delle rondinelle. Una passerella che lo “Zidane del Marocco” sfrutta senza steccare una partita. Trentotto gare in tutto, sette gol e un contratto inviato via fax con il logo, in alto a destra, della Società Sportiva Calcio Napoli. Per Omar il giusto premio dopo una gavetta breve ma intensa, per il Napoli la concreta possibilità di schierare in campo un giovane campione che farà rifiatare Hamsik.
Mazzarri gli concede giusto qualche scampolo di gara, mentre Benitez richiede espressamente che quel ragazzo gracile, ma dotato di ottima tecnica, vada a farsi le ossa in una squadra che gli dia continuità. Su di lui allunga gli occhi Giampiero Ventura, ancora lontanissimo dalla panchina azzurra. Considera El Kaddouri quel calciatore imprevedibile, capace di cambiare il volto alla squadra e soprattutto alle partite.
Cinque gol spalmati sulle ventinove presenze vissute quasi tutte da protagonista. Alla stessa maniera del campionato successivo, quando supera il tetto delle trenta partita da titolare. Il ritorno a Napoli è una scelta quasi necessaria, un po’ per l’esperienza maturata da mettere a frutto, un po’ per i mancati introiti Champions che costringono a un mercato non di primissimo piano.
Gioca poco, ma bene e un gol, durante il primo campionato agli ordini di Sarri, riesce anche a segnarlo. Dopodiché ritorna in discussione e riprende a sgomitare. Silenzioso, come un passo che affonda nella sabbia, ma determinato, come un viandante che cerca un’oasi nel deserto. Napoli – Torino sarà la sua partita, o forse no. Dipenderà dal destino. Lo stesso che ha trasformato un giovanotto nato a Bruxelles in un uomo di mondo.
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