Le note dell’inno juventino si alzano senza essere troppo accompagnate. Perché la gente dello Juventus Stadium è già andata via mentre Higuain e compagni provano un timido giro di campo: la Juventus ha appena vinto, l’argentino ha appena segnato un gol decisivo, eppure davanti alle immagini della gara ci restano i napoletani,non i padroni di casa.
Di anno in anno, l’avventura azzurra in quello stadio si tinge di atmosfere affascinanti: dal gol di Zaza all’ultimo minuto di un anno fa, a quello decisivo dell’ex beniamino Pipita; corsi e ricorsi storici che portano ad una sola conclusione, il Napoli non ha mai visto allo JStadium, né tantomeno è mai riuscito a portare a casa un punto. Cinque sconfitte di fila, ora sei; eppure il gol di Callejon pareva poter illudere, riportare sui giusti cardini una gara che, tutto sommato, il Napoli non ha giocato male, sempre faccia a faccia con l’avversario e libero di fare la sua parte.
Andare a casa del nemico (sportivo) con la testa alta non è facile. Per farlo, si possono seguire due strade: o metti in campo giocatori fortissimi o dai spazio a giocatori incoscienti.
Maurizio Sarri ha a sua disposizione qualche ottimo calciatore, non una rosa di fenomeni, ma tanti buoni elementi; ma qualche incosciente in più è quello che fa la differenza. Amadou Diawara di partite con la Juventus ne ha già giocate quando era al Bologna, eppure il suo avere 19 anni lo facilita nel compito di gestore della manovra. Sarri lo preferisce a Jorginho, lui uscirà dal campo da migliore dei suoi; ma è tutto il Napoli a girare e lui a tenerne le redini, perché quando insieme hai quantità e qualità, davanti a te può aprirsi solo un radioso futuro.
Gli azzurri ci sono nel primo tempo e spaventano la Juve, pericolosa solo da calcio piazzato nei primi e per lunghi tratti noiosi 45 minuti. Come una partita a scacchi, Allegri e Sarri non si scoprono: lanciano i pedoni, provano a smuovere le torri, ma spesso la differenza la fanno gli alfieri: Callejon la difesa bianconera può farla a fette, Pjanic e Khedira provano a sorprendere Reina. E quando in campo ci va Cuadrado allora si rinforzano le difese esterne.
Ma per sbloccare una gara così serve il solito episodio. Ma quando Ghoulam scalcia malamente in fase di rinvio regalando il pallone al solo Bonucci, nella testa dei napoletani scorrono le immagini come in un film di Tarantino: la carambola di Bergamo per il gol di Petagna, l’errore di Koulibaly con la Roma, il retropassaggio di Jorginho contro il Besiktas. Tutti errori con un unico denominatore: il gol avversario.
Bonucci non si fa pregare, spiazza Reina e nessuno della Juve si aspetta il gol del pari di Callejon solo quattro giri di lancette dopo: Insigne dipinge, lo spagnolo buca Buffon e giunge a quota 7 reti in campionato.
Il Napoli l’ha ripresa, potrebbe addirittura affondare il colpo, ma senza l’incoscienza giusta è la paura a prendere il sopravvento; Maurizio Sarri tanto giovane non è, forse anche per quello richiama Insigne in panchina stravolgendo la tattica e l’umore della sua squadra. Completamente distrutto quando Higuain sigla il definitivo 2-1.
La quarta sconfitta nelle ultime sei gare è un macigno ancor più ingombrante se si pensa a cosa sarebbe successo con la giusta mossa; il Napoli vede allontanarsi la Juve e ora spera che le altre non sorpassino. Gennaio è lontano ed ora non ci sono più scuse.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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