15.912 spettatori (dati ufficiali della società ndr) al San Paolo i più giovani neanche se li ricordano. Perché per ritrovare un’affluenza così bassa dobbiamo tornare troppo dietro nel tempo, quando l’avventura di Aurelio De Laurentiis in città non era neanche ipotizzabile. Eppure, mercoledi, è successo: nuovo record negativo fatto registrare a Fuorigrotta, battuto il precedente dato registrato due anni fa, quando in una gara contro il Palermo, nella gestione Benitez, erano stati poco più di 18mila gli spettatori a correre allo stadio.
Perché? Questa è la domanda da porsi; il Napoli non va male, nonostante le difficoltà degli ultimi turni, ed è tornato a vincere due gare di fila che sono propellente ideale per quella che sarà la partita di sabato a Torino. Viatico decisivo di questa prima parte di stagione. E neanche può reggere la scusa della brutta situazione in cui versa il San Paolo: i servizi fuori uso, la struttura fatiscente, tutte difficoltà che vanno avanti da tempo e a cui sono sensibili i napoletani, ma mai un vero e proprio ostacolo per la voglia di calcio dei tifosi azzurri. Gli unici abili negli ultimi anni a tenere vive le modeste medie degli stadi italiani.
C’è qualcosa, dunque, che va oltre il proprio naso. Di certo, peso specifico importante è quello che assume il lato economico della vicenda: contro l’Empoli, ad esempio, il prezzo per le curve del San Paolo – il settore più popolare – era di 25 euro. Un’enormità se rapportato a quello degli anni precedenti, dove spesso il prezzo più basso a disposizione si aggirava sui 10 euro per gara, con i soli picchi per la Champions o le grandi occasioni.
Ma quest’anno, la strada tracciata sembra diversa: già col Milan, alla prima in casa dell’anno, i ‘curvaioli’ partenopei si ritrovarono davanti ad una richiesta da 40 euro che è in linea con gli standard europei (guardare Barcellona o Real Madrid per farsi un’idea), ma non certo con quelli del Napoli degli anni passati (che i suoi tifosi li ospita in una struttura mai aggiornata dopo il 1990, non certo al Camp Nou o al Bernabeu).
E anche nelle notti d’Europa che contano, il caro biglietti si è fatto sentire: alla prima col Benfica furono oltre 41mila gli spettatori presenti, ma contro il Besiktas non erano più di 28mila unità, record negativo se pensiamo alla Champions giocata negli ultimi anni.
In quel caso, ad esempio, il fattore economico fu sicuramente decisivo: tre giorni prima, il San Paolo aveva ospitato i 46mila paganti per Napoli-Roma, record di quest’anno al momento e i prezzi alti per due gare consecutive di alto livello hanno messo spalle al muro buona parte della tifoseria.
Oltre al lato economico, però, sinceramente superabile con le giuste accortezze societarie che però quest’anno sembrano mancare (perché non aprire a dei mini-abbonamenti per la Champions? Perché non consentire un prezzo unico a metà per due gare di fila come fu per Roma e Besiktas?), sembra essersi rotto qualcosa anche nel rapporto tra squadra e tifosi.
Lo scorso anno, la cura Sarri aveva riportato prima di tutto entusiasmo al popolo napoletano, pronto a “Un giorno all’improvviso”, a cantare per 90 e più minuti, a festeggiare insieme ai propri beniamini ogni vittoria interna, scatenando anche critiche feroci (ricordate Boban?). Stavolta, invece, la chimica non pare essere quella giusta ed anche la Champions non sembra entusiasmare più di tanto, come confermano i dati della seconda uscita contro i turchi.
I cori contro De Laurentiis e la società sono osteggiati da larga parte al San Paolo, ma ci sono e non vanno sottovalutati; così come l’assenza reiterata del presidente dallo stadio (quest’anno presente solo in occasione della sconfitta con la Roma) non contribuisce ad alleggerire i toni e riavvicinare tutte le parti del progetto.
In mezzo ci sono Sarri e i suoi, occupati troppo spesso a fare da raccordo tra società e tifosi che quasi le gare ogni tre giorni passano in secondo piano.
Non bisogna mai dimenticare che in ogni progetto che si rispetti tutte le parti devono fare la propria parte per giungere all’obiettivo comune: siamo proprio certi che ad essere criticati debbano solo esserci quelli che scendono in campo?
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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