Passano le stagioni e il Napoli muta, a guardare al passato, a dieci anni fa, ci si rende conto dello sprint effettuato dal club, dal fallimento, alla C, per poi volare nella vetrina europea, dove ormai si è ospite fisso.
Anche viverli questi 10 anni non è stato affatto male. Una giostra d’emozioni e delusioni, a partire proprio dalla C, da quella promozione sfiorata e accarezzata soltanto un anno dopo. Ad ogni modo tutto questo fa ormai parte della nostra storia, come ben dimostra il fatto che tanti, a giusta ragione, si fregiano del fatto d’aver visto campi atroci nelle serie minori, lottando al fianco del Napoli.
Ecco, lottare, restare al fianco e sostenere. Fino a qualche anno fa tutto questo riguardava in qualche modo anche il presidente De Laurentiis, col quale negli anni il rapporto è andato mutando e in parte marcendo. Vendere alcuni beniamini della piazza non è stata di certo cosa gradita e, se a ciò si aggiungono delle campagne acquisti (soprattutto invernali) non esaltanti e qualche dichiarazione e promessa di troppo, è facile capire come si sia arrivati a questo.
Nonostante ciò però, in troppi negano i pregi di De Laurentiis, che ha reso il club finanziariamente solido e invidiabile, come forse non lo è mai stato nella sua storia. Sono ancora questi gli anni dei debiti ingenti per far crescere un club, ma non è questo il modo di fare affari del patron azzurro.
Detto questo, il fulcro del discorso sarebbe in realtà un altro. Se da un lato le polemiche contro la dirigenza sono all’ordine del giorno nel calcio, anche se ti chiami Milan e nella tua storia hai vinto tutto. Figurarsi a Napoli, dove la fame di vittoria e rivalsa ci logora ogni giorno. Polemiche, fischi, accuse e sfottò decisamente pesante, sono oggi rivolti troppo spesso ai calciatori.
Il caso Gabbiadini è esemplificativo in tal senso, mostrando come il concetto di difesa per chiunque indossi la nostra maglia sia andato fuori moda, terribilmente fuori moda. Si attende l’errore, si incute timore e, all’uscita dal campo, si fischia per far male. Sono pagati per il fare il lavoro più bello al mondo. Sono milionari e di certo le critiche possono subirle ma, guardando dall’altra parte, mi chiedo che senso abbia tanto odio verso qualcuno che andrebbe considerato “uno di noi”.
Il discorso assume poi una diversa sfumatura se si parla di Insigne. Osannato al suo arrivo da Pescara. Si chiedeva e pretendeva da Mazzarri che giocasse da titolare, sempre. Oggi è un bambino viziato che tutti odiano. Ci si riempie la bocca parlando di un Napoli ricco di napoletani ma, a conti fatti, ci si ritroverebbe una squadra complessata e a un passo da una crisi di nervi.
A Napoli è stato massacrato Paolo Cannavaro, rimpianto soltanto in seguito, e lo stesso si sta facendo con Lorenzo Insigne. Come si reagirebbe se in campo ci fossero giovani come Tutino, Bifulco e Roberto Insigne, che avrebbero il diritto di sbagliare. Che margine d’errore avrebbero? Magari 5 gare prima dei primi borbottii, 2 gare prima degli sfottò sul web.
E’ una Napoli che non riconosco, arrabbiata contro un nemico che non ha ben chiaro chi sia. Urla per il gusto che prova nel farlo e pretende dall’odio nasca rispetto.
di Luca Incoronato (Twitter: @_n3ssuno_)
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