Quando nel gennaio del 2015 è arrivato a Napoli, tutti applaudirono. Manolo Gabbiadini, classe 1991, aveva alle spalle mezzo campionato da protagonista, tanta esperienza accumulata ed un piede sinistro da far invidia a chiunque in quel campionato. Benitez lo prese sotto la sua ala protettiva in una stagione difficile che per il Napoli si concluse nel modo peggiore: il rigore di Higuain contro la Lazio finisce alto, come alti finiscono i sogni di gloria e di Champions. La sofferenza fu tanta, ma in quel Napoli per metà stagione Manolo fu un valore aggiunto; togliere il posto ad Higuain era già impossibile, quasi quanto lo sarebbe diventato l’anno dopo, senza Benitez ma con Sarri, eppure per lui erano arrivati tanti gol, 11 solo in maglia azzurra tra campionato e coppe, altri 9 con quella della Samp.
20 gol complessivi per uno che una prima punta non è ma che il fiuto del gol se lo porta dietro.
L’idillio con Benitez finì per contingenze esterne; l’allenatore spagnolo salutò a fine anno, ma gli aveva dimostrato che avrebbe potuto fare in quel Napoli ciò che riteneva meglio per se stesso. Rafa lo usava con Higuain e poche volte senza, affiancandolo alla destra dell’argentino e sfruttando la classe del suo piede mancino. In quella posizione, d’altronde, Manolo ci sapeva già stare; nei sei mesi precedenti alla Sampdoria, infatti, il ragazzo aveva giocato proprio in quel ruolo, con Eder a sinistra ed Okaka al centro, in un attacco che aveva prodotto ottimi numeri.
Rafa non lo scelse, ma non se lo fece scappare: uno così, col fisico da ballerino di classica ed il piede da campione puro non si rifiuta mai, e i numeri gli diedero ragione.
L’arrivo di Sarri avrebbe potuto continuare la strada tracciata, ma già dal ritiro di Dimaro nell’estate 2015 si era capito che il rapporto sarebbe stato quantomeno complicato.
Silvio Pagliari, agente del calciatore, non è uno che si lascia andare ai proclami, che calca le scene; lavora dietro le quinte, è stimato da tutti e nell’ambiente si è affermato come professionista integerrimo e gran lavoratore. Le sue parole quell’estate, quindi, sorpresero tutti: “Vederlo in panchina in un’amichevole non è normale. Il Napoli sia chiaro, possiamo anche togliere il disturbo”.
Il virgolettato rilasciato fece il giro d’Italia, non piacque al Napoli e impiegò molto tempo a rientrare alla base dopo un primo chiarimento. L’agente, forse, aveva già capito tutto: a fine anno ci sarebbero stati gli Europei e Gabbiadini si trasformò da certezza per quella nazionale in grande assente. Solo colpa dei 36 gol di Higuain? No, perché nella scorsa stagione il ragazzo ha anche giocato e segnato, ma i passi indietro con Sarri erano sotto gli occhi di tutti.
L’ex tecnico dell’Empoli, contrario a quanto fatto in precedenza, non ha mai visto in Manolo un esterno utile da 4-3-3, sconfessando quanto si era visto a Genova e poi in maglia azzurra. Lo considera punta centrale, ma per sua stessa ammissione non ha le caratteristiche ideali per farlo.
Dov’è la verità? Forse in un ragazzo che a Napoli non ha mai espresso veramente se stesso, chiuso da una città troppo empatica per chi lavora meglio senza riflettori puntati addosso.
L’ultima estate, poi, ci ha messo del suo: dopo la cessione di Higuain tutto poteva diventare più facile, invece Gabbiadini non ha mai sentito davvero la fiducia di una società che, con l’occasione giusta, avrebbe potuto cederlo fino all’ultimo minuto disponibile. L’esplosione di Milik ed il suo infortunio hanno fatto il resto. Con la Roma è stato impalpabile dal primo all’ultimo minuto in campo e non solo per colpe proprie.
Che cambi qualcosa o si rischia di chiudere troppo presto una finestra che prometteva tanto altro.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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