Come il migliore dei marinai, che appena salito a bordo sa già quale futuro lo aspetterà quella notte, anche Maurizio Sarri pare già aver visto tutto, almeno nella sua testa. Il tecnico napoletano si aggira irrequieto sulla sua panchina sin dal fischio iniziale e mentre Spalletti si sbraccia e si agita, lui sembra arrovellarsi dentro, rodersi i pensieri con in bocca il solito mezzo sigaro. Di sigarette neanche l’ombra, su una nave potrebbe, ma il tecnico napoletano vede la sua macchina azzurra non rispondere ai comandi. Gli attacchi ci sono, lenti e compassati o agitati senza un motivo preciso; tutti hanno la stessa sorte, s’infrangono come contro un vetro sulla difesa romanista. Non si ro per quella difesa, anzi a rompersi è il Napoli che cala alla distanza, guarda da lontano, smette di crederci, convinto che la Roma possa essere relegata lì, come un pugile a quell’angolo che significa KO o bandiera bianca.
Ma non è così, perché il gol di Dzeko in chiusura di match cambia le cose e in pratica le decide. Ma è anche il punto di non ritorno per lo stesso Sarri che inanella errori in quantità macroscopica nella seconda parte di gara.
La reazione attesa al rientro dagli spogliatoi non arriva, anzi il Napoli dura appena dieci minuti prima di spegnersi sotto il secondo gol romanista; sulla punizione di Florenzi, Dzeko è accerchiato da Callejon, Hysaj e Maksimovic, eppure svetta incontrastato evidenziando le pecche difensive del pacchetto arretrato azzurro. Ma il vero pasticcio si compie tre minuti più tardi: sotto una bordata di fischi, Manolo Gabbiadini si accomoda in panca lasciando il posto a Mertens.
“Non si tratta di un cambio punitivo, ma di una esigenza tattica del momento” dirà Sarri, ma il San Paolo non dev’essere tanto d’accordo. Il cambio è per il numero 23 una spada di Damocle; impalpabile per 57 minuti, Gabbiadini è il punto interrogativo più grande – ma non l’unico – di questo Napoli.
Gli azzurri, in realtà, avrebbero il gran merito di riaprire la partita, ma il gol di Koulibaly sembra essere estremamente un caso; voglia di rivalsa, infatti, non se ne vede, il Napoli non va praticamente mai vicino al pari ed anzi la Roma poi chiuderà il conto.
Nel frattempo, le mosse di Sarri sembrano ancora meno chiare: al 76° a subentrare è El Kaddouri, mai visto prima in questa stagione e lanciato dal tecnico come falso nueve o, in sostituzione, come esterno a destra dell’attacco. Zielinski, invece, entrerà solo al minuto 81, con pochissimo tempo a disposizione per incidere, cosa in cui infatti non riuscirà.
Cambiare il corso degli eventi non si può, ma da una attenta analisi di quanto accaduto ieri Sarri potrebbe ricavare la chiave del Napoli di domani. Errori concreti ed in ripetizione sul campo, nella testa, nelle scelte; il 3-1 finale è stata diretta conseguenza di questo e anche della bravura della Roma, abile a sfuttare la minima indecisione e le pochezze avversarie.
Perché sostituire prima dell’ora di gioco l’unica punta di ruolo rimasta in rosa dopo l’infortunio al crociato di Milik è e resterà un mistero senza risposta. Perché inserire di getto El Kaddouri, fuori rosa a causa di problemi fisici per due mesi e d’improvviso gesto risolutore per una gara da rimontare? Perché, ancora, dare spazio a Zielinski – l’unico non-titolare positivo ad oggi – solo negli ultimi minuti, sarebbe altro interessante quesito.
Ma all’orizzonte un’altra ombra spaventa il Napoli: da fine agosto a metà ottobre, Sarri ha tenuto in panchina stabilmente Rog, Diawara e Tonelli, con Giaccherini che ha collezionato pochissimi minuti in campo. Un totale di 41 milioni di euro che, viste le energie profuse in campo, forse avrebbero fatto comodo al tecnico.
Quanto ancora dovremo aspettare per vedere in campo un Napoli completo? Besiktas e Crotone nei prossimi sette giorni potrebbero già darci le prime domande.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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