Le brutte notizie non arrivano mai da sole. Semmai non lo avesse ancora imparato in vita sua, ieri Sarri sa di averlo provato sulla sua pelle. Quindici giorni da incubo, tra la sconfitta di Bergamo e quella di ieri interna con la Roma. In mezzo metteteci pure la rottura del crociato di Milik e l’istantanea sul momento del Napoli si scatta quasi da sola. Tutto intorno una città che lascia lo stadio con qualche minuto d’anticipo rispetto al fischio finale, arresa e quasi affranta per quanto visto in campo; ed un uomo, solo contro tutti e capace di sbagliare quasi tutto. Per una volta.
Avrà ragione Spalletti alla fine della gara: “Siete abituati bene, per una volta che una avversaria gioca meglio e non vincete…”.
Il signore di Certaldo ci ha messo del suo: in giacca, luccicante, impomatato ha accerchiato il Napoli, ha sfruttato le occasioni, ha lanciato la sua Roma.
IL NULLA DOPO IL GOL DI DZEKO
A volte basta un momento a ribaltare tutto quanto visto fin lì. È storia di vita vissuta, è storia di una partita di calcio; il Napoli, fino al minuto 42 del primo tempo, in partita c’era e c’era anche molto bene. Poi tutto e contrario di tutto. La perla al contrario di Koulibaly spalanca un’autostrada alla Roma che aspetta solo quello per fare la partita che più le si confa: difesa e tanta corsa. Ma il Napoli avrebbe nell’insieme più di 50 minuti di cronometro per provare a riaprirla; e invece in apertura di secondo tempo arriva, estemporaneo come un fulmine a ciel sereno, il raddoppio. Ancora Dzeko, ma stavolta la disattenzione è collettiva: Maksimovic e Callejon lo perdono, Reina si fa sorprendere nella sua area piccola. Piccolo ci diventa il Napoli, che rinuncia a Gabbiadini – esce tra i fischi di metà stadio e gli applausi dell’altra metà – e sfida Mertens prima punta.
“Può fare questo ruolo, ma non può diventare un calciatore di 188 centimetri e 85 chili di peso”, dirà Sarri a termine della gara, con un pizzico di riferimento al mercato. Senza Milik non è la stessa cosa: lo si intuisce nei movimenti erronei di Insigne, nelle sgroppate invano di Callejon, nei cross a vuoto di Ghoulam, belli come una pennellata su un quadro d’autore che però manca di firma. Ma è il Napoli tutto a mancare, perché se senza Milik non si segna i tre gol subiti se li porta sul groppone tutta la squadra.
DALLA ROMA AL BESIKTAS
Dopo la cappellata del primo tempo, Koulibaly ci riprova pure a riaprire la gara: l’1-2 lo sigla di testa, anticipando tutti e pure Szczesny, ma il Napoli neanche con il San Paolo ringhiante sembra dare segnali di ripresa. Il gioco azzurro non si sviluppa e sterile si argina ai confini dell’area avversaria; Spalletti l’ha preparata a dovere, con Manolas, Fazzio e Jesus a fare da diga, Florenzi a fare tutto e Paredes-De Rossi ad imbrigliare Jorginho. L’italo-brasiliano è, con Gabbiadini, la nota più dolente delle ultime settimane azzurre, decisamente in calo rispetto alla prima parte di stagione e scomparso nel confronto con la mediana giallorosso.
Nel miniciclo orribile di 7 gare in 20 giorni, il Napoli è partito malissimo; l’ostacolo Roma ha fatto cadere gli azzurri, ma da domani Sarri e gli altri saranno già costretti a guardare al Besiktas.
Contro i turchi non ci sarà modo per reagire, il San Paolo non è disposto ad un’altra serata da incubo e la Champions, con tempi meno nobili del campionato, non sa assolutamente aspettarti.
Il rilancio in Europa darebbe uno scossone importante, la capacità di riaprire il sorriso e pianificare al meglio le prossime partite. Besiktas, Crotone, Empoli, Juventus, ancora Besiktas e poi la Lazio. Si Sarri chi può.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)