L’ultima istantanea lo ritrae di profilo. Il volto rivolto verso il basso, il mento aguzzo, gli occhi che paiono spenti, i radi capelli canuti lo fanno apparire più vecchio dei 47 anni compiuti qualche mese fa.
Igor’ Šalimov, professione calciatore. Un decennio, quello dal principio alla fine degli anni ’90, speso a rincorrere il pallone lungo la linea mediana dei campi di serie A.
Zeman, vate del 4-3-3 e scopritore di talenti con l’accento esteuropeo, ne fece il perno del proprio centrocampo. Altri tempi, altro Foggia: Giuseppe Signori imberbe, Ciccio Baiano in rampa di lancio e il desiderio di stupire una nazione. Il medesimo proposito di quel centrocampista taciturno con i capelli impomatati e la fronte assai spaziosa.
Quel campionato al Foggia gli valse un ingaggio con l’Inter nell’annata successiva. Primo calciatore russo della gloriosa storia nerazzura. “E speriamo pure l’ultimo” deve aver pensato qualcuno, osservando i movimenti impacciati di quel calciatore che, ormai abituatosi al caldo del meridione, faceva fatica a prendere per mano anche la squadra di Bagnoli. Che rinunciò a lui, qualche anno dopo, affidandogli una valigia di cartone e la raccomandazione di far bene con la maglia del Duisburg.
Proposito disatteso e conseguente approdo in Svizzera, nella rosa del Lugano. Non che qui le cose siano meglio, tuttavia Igor’ Šalimov riuscì a conquistare il visto per ritornare in Italia. Prima Udine, poi Bologna, agli ordini di quel Renzo Ulivieri con la parlata toscana e le idee molto chiare: il 3-4-3 non è soltanto un modulo, è uno stile di vita da interpretare con tecnica e attributi.
Quelli che, silenziosamente, il ragazzo dai capelli impomatati e la fronte ancor più spaziosa di qualche anno addietro, mette in mostra e consente a quel Bologna di trasformarsi in una piacevole sorpresa.
Una stagione da ricordare che porta Ulivieri sulla panchina del Napoli per tentare la scalata alla serie A. Renzaccio vuole con sé alcuni pretoriani allenati in passato e con una lunga militanza in cadetteria: Lopez al centro della difesa, Murgita per concludere le azioni da gol, Šalimov a centrocampo. Sarebbe stato lui a illuminare i compagni con la sua tecnica made in Russia. «Ne è convinto, mister?» chiese il perplesso diesse azzurro. «Šalimov è un po’ lento. Non sarebbe meglio puntare su un calciatore più giovane e più rapido».
Non amava essere contraddetto l’allenatore di San Miniato, caparbio nelle proprie scelte in fatto di calciatori. Avrebbe affidato al giocatore russo le chiavi del centrocampo azzurro e si godrà un campionato da protagonista. Quello che il Napoli avrebbe vissuto appena un anno dopo. Con Novellino in panchina e senza Igor’ Šalimov, intanto ritornato in Russia perché trovato positivo al controllo antidoping.
Qualcuno pensò a uno scherzo, a una burla creata ad arte per un calciatore che, in mezzo al campo, passava discretamente inosservato e sembrava chiedere scusa ai pochi palloni calciati con forza. Guardandolo negli occhi, però, si percepiva che era tutto vero. Quegli occhi incastonati in un volto emaciato, con le rughe e i radi capelli bianchi di quell’ultima istantanea che lo vede protagonista.
a cura di Paquito Catanzaro (Twitter: @Pizzaballa81)
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