Non basta una sconfitta a rovinare tutto, ma basta a ragionare, probabilmente ad insegnare tanto. Questo dovrebbe essere Bergamo per il Napoli: una lezione. Perdere come si è perso ieri all’Atleti Azzurri d’Italia non ci può stare per modalità, risultato, voglia di chi è sceso in campo. Un gol subito quasi a freddo a nove minuti dal fischio iniziale, con 81 altri giri di lancette per provare a ribaltare tutto, a mettere le cose in chiaro; un’eternità. Eppure nessuno del Napoli se n’è accorto, ha fatto la voce grossa, ha fatto valere le proprie qualità, quelle chiaramente viste qualche sera prima contro il Benfica. Come un bell’ascensore carico, il Napoli di Sarri sale e scende senza costanza; esalta, diverte e convince, come in Champions o davanti al pubblico del San Paolo, poi si accartoccia su se stesso e sui propri limiti, come a Pescara, Genova, ora Bergamo. È il primo stop dell’anno, non vale fare drammi, ma cosa ha insegnato la gara di ieri?
L’indice va puntato forte sulla rotazione degli uomini. Quando Higuain ha salutato sul finire dello scorso luglio, la parte più ottimista della città s’è guardata allo specchio convinta che quei 90 e passa milioni di euro fossero passpartout ideale per una squadra da arricchire con quantità e qualità. Ed in effetti hanno avuto ragione: sette innesti, molti di ottime qualità e sicuro avvenire, altri di allargamento della rosa, buoni rincalzi che in una stagione lunga a cavallo tra Campionato, Champions e coppa nazionale possono dire legittimamente la loro.
Tutti contenti, quindi, tutti meno uno: Sarri un plauso alla società l’ha fatto, ma forse non ne ha gradito le tempistiche. Tutti gli acquisti del Napoli sono arrivati ad agosto inoltrato; gli unici giunti con tempi accettabili sono stati Tonelli e Giaccherini ed entrambi, a causa di infortuni, hanno saltato praticamente tutta a preparazione a Dimaro.
Milik fu la risposta alla cessione ed arrivò ad agosto ormai iniziato, Zielinski ad agosto inoltrato, dopo aver aspettato il Liverpool invano; entrambi hanno giocato già tanto, ma il primo per necessità e il secondo perché conosceva già da tempo Sarri e il suo modo di giocare. Diawara, Rog e Maksimovic sono arrivati nelle ultime ore di mercato, ormai un mese fa: i primi due ancora non si sono visti in campo, il centrale serbo, invece, è stato utilizzato per l’infortunio improvviso di Albiol.
Sarri non ha mai schierato due volte di fila la stessa formazione in questo avvio di stagione, ma intercambia sempre gli stessi uomini: sul finire di un ciclo impegnativo, fatto di 7 gare in poco più di 20 giorni, era logico accorgersi di un calo generale delle prestazioni. Jorginho era in affanno col Benfica e prima ancora con il Chievo, Hamsik ha lasciato il campo mercoledi con i crampi, sforzo incredibile anche per Callejon che fino a qui c’è sempre stato.
La forza fisica di Allan e il brio di Mertens sarebbero forse stati oro ieri a Bergamo, così come sarebbe stato lecito aspettarsi un utilizzo di Diawara e Rog per restituire fosforo ad un reparto, il centrocampo, che è sempre protagonista del gioco azzurro e per questo costantemente sotto pressione fisica.
Così Hamsik è stato irriconoscibile, lo stesso dicasi per gli altri già citati; prima ancora che nel fisico, però, gli azzurri sono sembrati spenti nella testa. La fame che forse era andata via dopo un ciclo cosi convincente poteva essere sostituita da fame nuova, quella della gente che il rettangolo verde ancora non l’ha visto.
Non è finita: dopo la sosta per la nazionale, si tornerà in campo e sarà nuovamente tour de force. I primi scontri al vertice in campionato, il ritorno della Champions, la trasferta dello Juventus Stadium.
Sarri e il Napoli devono imparare dai propri errori, per non rischiare che a fine ottobre il campionato sia già assegnato e si faccia solo la corsa al piazzamento alle spalle dei bianconeri.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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