Se ritorno doveva essere, migliore non poteva esserci. Napoli torna ad abbracciare la Champions a tre anni dall’ultima volta e lo fa nel modo migliore: con quattro gol (mai segnati tanti gol in un singolo Match della competizione nella storia azzurra) rifilati al povero Benfica, quarta forza europea secondo le normative della Champions League. Portoghesi travolti e solo alla fine capaci di riassettare il risultato per non renderlo un secco poker umiliante; ma dal 4-0 al 4-2 cambia veramente pochissimo, anche perché l’inerzia della gara è sempre stata dalla parte azzurra, senza possibilità di cambiamento.
Con un crescendo rossiniano, la squadra di Sarri ha saputo venir fuori alla distanza, consolidare le sue certezze, mostrare tutte le sue qualità, le stesse che Rui Vitoria, allenatore ospite, confermerà nel post-partita: qualità eccellenti, pragmatismo e concretezza, accanto ad un gioco spettacolare e tra i migliori d’Europa.
Per Sarri doveva essere difficile esordire nella competizione più importante d’Europa, ma per ora di difficile c’è stato soltanto la gestione del suo Napoli; equilibrare le forze, scegliere gli uomini giusti, regalare ai suoi gli input perfetti. Ci è riuscito, però, perché il Napoli visto ieri al San Paolo è sceso in campo col piglio giusto, ha saputo incassare, superare l’ostacolo e mostrare quello che è in grado di fare.
Il Benfica ci ha provato a mostrare il suo blasone e la sua esperienza, ma solo nei primissimi minuti è sembrata una squadra di livello; Mitroglu spaventa due volte il San Paolo in cinque minuti, gli azzurri sono contratti in campo, devono rinunciare ad Albiol dopo pochi minuti mandando in campo l’esordiente Maksimovic, e solo Reina sembra essere già in cima partita. Dagli spalti cresce la tensione, così come le aspettative; ma la giostra azzurra è destinata a partire presto, intorno al 20°, quando Marek Hamsik anticipa tutti sul primo palo e da prima punta vecchio stampo beffa Julio Cesar sul suo lato. Il San Paolo non se lo aspettava, ma subito tende al cielo; il nervosismo iniziale passa e il Napoli prende in mano il pallino. Con il vantaggio acquisito, la trama di gioco è più sciolta, le curve tornano a cantare e gli azzurri a giocare come sanno, rischiando il doppio vantaggio più volte.
Il tecnico portoghese deve aver strigliato i suoi nella ripresa e forse si intravede.
L’inizio della seconda parte è di marca portoghese, poi, come nel primo tempo, tutto si capovolge in pochi minuti: Mertens si procura e trasforma una chirurgica punizione dal limite e tutto il San Paolo viene giù festante.
È il 51°, ma tutto deve ancora succedere. Tre minuti più tardi è Callejon a farsi buttare giù dal portiere ex Inter e conquistare il rigore; il sangue freddo del polacco Milik aiuta in questi casi, il sinistro è chirurgico e per il Benfica non c’è scampo.
I tifosi non hanno il tempo di accertarsi che sia 3-0 che i ragazzi di Sarri regalano il quarto; nell’azione ci entrano tutti, Callejon che crossa, Milik che spiazza, Mertens che fa il rapace e ribadisce in rete da prima punta. Napoli è ebbra di gioia, si canta e si festeggia, con la gara che a poco meno di mezz’ora dalla fine sembra già mandata in archivio.
Sarri tiene i suoi sulla spina, ma dopo una serata così piena di emozioni è dura non mollare un attimo; i portoghesi azzeccano i cambi e vengono fuori due gol che disturbano solo la festa napoletana. Guedes e Salvio sono la bandiera in una serata che è impossibile da rovinare; dagli spalti partono i cori, i caroselli all’esterno dell’impianto di Fuorigrotta accompagnano la lunga notte azzurra. E con il contemporaneo pari in Turchia, il Napoli tiene la testa della classifica con punteggio pieno e a +4 dalla seconda.
Di dormire non c’è speranza, perché le emozioni attraversano ancora le vene dopo il fischio finale, come quelle di un Sarri capace di fare due su due nelle sue prime uscite della vita nella competizione.
Ma prima ancora del poker rifilato, la vera vittoria di Napoli è arrivata prima del fischio iniziale, dagli spalti gremiti di una città pronta a rituffarsi nel grande calcio internazionale; dopo le tante divergenze tra società e tifo, che sia questo il punto per un ritorno alle origini?
Sarà la stagione a risponderci, ma ora non montiamoci la testa: domenica si va a Bergamo con Gasperini e l’Atalanta che non regaleranno nulla. Ora sì che c’è bisogno di dimostrare di essere diventati grandi.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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