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100 DI QUESTI GOL – La prima decade azzurra di Marek Hamsik

 

Fonte: sscnapoli

 

Antonio Vojak, Edinson Cavani, Attila Sallustro, Diego Armando Maradona. Il club della tripla cifra a Napoli lo conoscono in pochi, da ieri la tessera è arrivata anche a casa Hamsik.
Marek segna il gol numero 100 della sua carriera in azzurro, lo fa in una serata di campionato in cui la vittoria serve ad ogni costo, lo fa lanciando l’inseguimento ancora una volta alla Juventus.
Nel giugno prossimo saranno dieci anni di azzurro per lui, giunto a Napoli nel 2007 e diventato gradualmente capitano e trascinatore come lo è oggi.
Quando è arrivato a Napoli, la cresta ancora non pronta del tutto a fare capolino, si erano già capite le sue qualità; ma una tale longevità sportiva e una tale caratura tecnica sono difficili da mostrare con costanza per dieci lunghe stagioni.

MAREK UOMO IMMAGINE

Quello che Napoli e i napoletani amano più di lui, però, è senza dubbio il simbolo che è diventato. Dici Napoli e pensi a Marek, unico superstite della sfilza di supereroi del pallone passati da queste parti nell’ultima decade. Da Lavezzi a Higuain, passando per Quagliarella e Cavani, Marek c’è sempre stato; ha prima guardato la fascia sulle braccia degli altri, ha seguito gli insegnamenti di Iezzo, di Paolo Cannavaro, di Morgan De Sanctis che l’hanno preceduto. Poi è arrivato il suo momento e quasi non ne ha sentito il peso. Tutte le pecche del suo gioco sono venute meno, tutti i passi falsi sono poi dimenticati. Hamsik non è mai stato Marek, ma sempre Marekiaro, segno di un calcio che quasi non esiste più ed unico uomo simbolo che resta tra le mani del calcio italiano, con Totti alla Roma e Buffon alla Juventus.

DIECI ANNI D’AZZURRO

Il gol che lo manda nella storia la dice lunga su quello che in questi lunghi anni è stato da giocatore: si infila subdolamente alle spalle della difesa, prende tutti in controtempo, spara una sassata di sinistro su cui Sorrentino non può fare nulla. Appare come un fantasma, illumina d’improvviso anche nelle serate più buie, quelle in cui sembra non essere ancora sceso in campo.
“Se un giorno dovessi andare via da Napoli, vorrà dire che mi hanno cacciato. Io non me ne vado da qui, Napoli è casa mia”. Un emigrante al contrario, lo slovacco, uno che con Martina e i due figli (un altro in arrivo a breve) si sente parte della comunità, senza guardie del corpo o notti in discoteca.
Il divertimento di Marek, a differenza di molti altri, è sempre stato il campo; forse anche per questo Napoli non gli è mai stata stretta.
Ha segnato ed è andato sotto la curva, perché sa benissimo che senza i tifosi nulla di quello che è stato in questi lunghi anni poteva essere; in un attimo gli è passato davanti il gol alla Sampdoria, primo in campionato con la maglia del Napoli, quello al Milan di Maldini dopo la lunga cavalcata in coast to coast proprio in quella porta, avrà rivisto la rete dell’Olimpico nella finale di Coppa Italia vinta contro la Juve, quello al Villarreal nella sua prima notte europea tra le stelle, fino al gol dello scorso anno contro il Frosinone che all’ultima giornata valse l’accesso in Champions.
Ne ha viste di tutti i colori lui: ha cominciato con Reja, si è fatto uomo con Mazzarri, ha stupito nonostante le difficoltà tattiche con Benitez ed ora è pronto ad evolversi ancora con Sarri.
Nel mirino ci sono Vojak e l’ex compagno Edinson, rispettivamente a quota 103 e 104, ma è Diego l’obiettivo principale: i suoi 115 gol sono lì ad un passo e Marek non vuole lasciarli scappare.
Nella storia azzurra ci è già entrato da tempo, ma non ha intenzione di smettere il suo racconto; e il prossimo giugno, il suo primo decennio napoletano, chissà che non possa festeggiarsi con l’unica cosa che ancora gli manca.

 

 

a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)

 

 

 

 

 

 

 

Gennaro Arpaia

Iscritto alla facolta di Giurisprudenza della Federico II Napoli. Giornalista pubblicista iscritto all'albo da giugno 2013.

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