Stando a quel che dicono, un paio di campionati ancora e andrò a giocare nel Barcellona. O forse nel Real Madrid. Sempre che, nel frattempo, il Manchester City non inizi a vincere tutte le competizioni che contano. In quel caso prenderò qualche lezione d’inglese e mi abituerò al clima rigido dell’Inghilterra. Che poi così rigido non è, specie se porti nel tuo corredo cromosomico l’attitudine a resistere al freddo dell’est Europa.
Domando scusa, non mi sono presentato: mi chiamo Piotr Sebastian Zieliński, nato a Ząbkowice Śląskie in Polonia. Professione: calciatore. Attualmente inserito nella rosa della Società Sportiva Calcio Napoli, club italiano dalla storia importante e dal presente fatto di rincorse allo scudetto e di una qualificazione diretta in Champions League. Una competizione che, finalmente, vivrò da protagonista e non limitandomi a sbadigliare davanti alla televisione nei martedì d’inverno. Girerò l’Europa: moderno Magellano che, sui campi portoghesi, russi e quelli turchi, tenterà di marcare il territorio come facevano i soldati polacchi di un tempo. Loro con la baionetta, io tentando di arrivare sul pallone un attimo prima del mio avversario. In fondo non mi è mai mancata la tenacia. Né la tecnica, ma questo discorso lo lascio al mister, agli osservatori, ai tifosi e ai giornalisti che già guardano al mio futuro lontano da Napoli.
Per il momento, mi vivo un presente da ragazzo poco più che ventenne che indossa la maglia numero 20 di un club che ha scritto la storia del calcio italiano, sconfinando alla fine degli anni ’80 grazie alle gesta di quel calciatore il cui nome non pronuncio, quasi avessi timore che il suo sangue caliente cominci a ribollire perché nominato invano.
IL CALCIATORE CHE AMA LA STORIA
Nomino invece quei calciatori azzurri cui sono stato accostato: Iuliano, per la tecnica, Alemao per la tenacia, Hamsik per il medesimo ruolo ricoperto in campo. A chi dice che dovrò mangiarne di polvere prima di arrivare ai livelli del capitano, rispondo che in campo si entra in 11 e che il mister potrebbe sempre decidere di farmi giocare al fianco di un capitano al quale invidio tecnica ed esperienza. Un po’ meno la capigliatura e il colore degli occhi. Le mie iridi azzurro cielo non le baratterei con niente al mondo. Neanche col contratto con una grande squadra. Quella nella quale andrò a giocare un giorno, stando alle previsioni di commentatori, critici e tifosi che appellano me e gli altri nuovi acquisti “mercenari”.
Come se uno dovesse vergognarsi di guadagnare soldi rincorrendo un pallone. Se tornano a casa afoni ogni domenica un po’ di merito è anche mio: magari sono sfuggito al pressing avversario e ho servito la punta smarcatasi proprio in quell’istante, o magari ho centrato l’incrocio dei pali da fuori area. Numeri da saltimbanco coi quali mostrare il mio talento e le mie capacità. Quelle che, un giorno, mi porteranno a vestire la maglia di un grande club. Dimenticano, questi fini conoscitori degli altrui destini, che una maglia prestigiosa già la indosso e chissà che non sia il mio desiderio più grande, conquistare con questi colori, tutti i trofei che contano.
In fondo, sono Piotr Zieliński uno a cui la storia è sempre andata a genio.
A cura di Paquito Catanzaro (Twitter: @Pizzaballa81)