Emanuele Giaccherini, prima di approdare al Napoli, è stato il fiore all’occhiello della Juventus di Antonio Conte e utilizzato in Nazionale sia da Cesare Prandelli che dallo stesso ex allenatore del club torinese. Le sue 97 presenze (con 20 reti) al Cesena hanno convinto il tecnico leccese a puntare su di lui, permettendo così alla ‘Pulce di Talla’ di poter partecipare attivamente alla vittoria dello scudetto in entrambe le stagioni in cui indossava la maglia a strisce bianconere. L’esperienza al Sunderland e il prestito al Bologna lo hanno poi traghettato fino al golfo di Napoli, dove l’aretino rappresenterà – con i suoi 31 anni suonati – un ricambio di lusso e un prezioso supporto grazie al suo carico d’esperienza.
DALLO SCONFORTO ALLA SCALATA, DALLA PROVINCIA ALLA JUVENTUS
Dietro quella che sembra la biografia di un giocatore con un palmares più che discreto, si nasconde, in realtà, il ritratto di un uomo minuto con una monumentale forza di volontà, in grado di capovolgere il destino avverso. In seguito a tre stagioni tutt’altro che positive in Seconda Divisione tra Forlì e Bellaria, il centrocampista comincia seriamente a riflettere sulla possibilità di appendere le scarpette al chiodo e trovarsi un lavoro. Ventidue anni, però, sono pochi per far sì che un folletto smetta di credere nei propri sogni, così Emanuele dedice di concedersi un’altra chance e risponde alla chiamata del Pavia, dando il suo fondamentale contributo per la salvezza del club lombardo. Il Cesena, proprietario del cartellino fin da quando Giak è nelle giovanili, prima lo mette fuori rosa, a causa anche di un infortunio, poi decide di schierarlo con continuità, mettendo in risalto tutte le sue qualità. Il Cavalluccio Marino, in tre stagioni, passa dalla Lega Pro alla serie A e, allo scoccare dei 26 anni, tutte le speranze e le aspirazioni del tuttofare di Arezzo si concretizzano, arrivando così ad indossare la pesantissima casacca della Juventus. Conte vede in quell’uomo di 167 centrimenti il suo pupillo e non perde mai occasione di elogiarlo pubblicamente: “Rappresenta l’ esempio di come un giocatore che ha fatto la provincia può meritarsi la Juventus. Sono convinto che se si chiamasse Giaccherinho sarebbe molto più considerato”.
ECLETTICO E DUTTILE: UN TUTTOFARE D’ESPERIENZA
Giaccherini riesce a coprire con facilità diversi ruoli: può fare l’ala destra o sinistra. Dribbla, punta e salta l’uomo, corre ed è preciso negli assist. Un giocatore completo, bravo anche nell’impostazione di gioco e con un’apprezzabile percentuale gol in relazione alle presenze in campo. Grazie alla sua flessiblità tattica potrebbe anche occupare la linea mediana, prendendo l’incarico di centrocampista centrale o, come dichiarato dallo stesso calciatore, di mezzala. Emanuele lavora tanto anche in fase difensiva, il suo apporto sarebbe dunque prezioso in quello che, al momento, sembra essere il reparto più debole della squadra.
GLI ANNI CHE PESANO E LA PARABOLA DISCENDENTE
Tra i pochi difetti di questo “operaio” del manto verde, c’è indubbiamente quello dell’età. Giaccherini non è più giovanissimo (classe ’85) e se da un lato si può fare affidamento sulla sua esperienza, dall’altro ci sono da considerare anche i ‘contro’ di un giocatore che comincia a vivere la parabola discendente della sua carriera. Ma come ben sappiamo Allan, Jorginho e Hamsik sono inamovibili e, in più, De Laurentiis ha arricchito e rinfrescato il centrocampo con tre acquisti giovanissimi: Zielinski, Rog e Diawara (rispettivamente classe ’94, ’95, ’97), quindi l’aretino fungerebbe soltanto da rincalzo. Emanuele accresce la qualità della rosa, ma sarà difficile vederlo giocare un’intera partita.