In mezzo ai più forti, tanto per guardare tutti dall’alto e poter provare a vincere per la prima volta in quel paese. A dispetto di critiche, maglie lasciate, altre indossate quando non l’avresti mai detto.
No, non è (ancora) la storia di Gonzalo Higuain, uno che alla Juventus è ormai vicinissimo, ma per il quale aspettiamo ancora le ufficialità di rito, quanto quella di Kevin Durant asso della pallacanestro mondiale, stella della NBA e pluriperdente titolato, uno a cui manca ancora il colpo giusto per poter dire agli altri di avercela fatta. Due mondi diversi, due storie (non uguali, ma) simili; la voglia di vincere qualcosa ti porta su strade che mai avresti immaginato per te stesso.
E poco importa quello che stampa e tifosi penseranno di te; “Non do retta alle critiche, voglio solo giocare, divertirmi, provare a vincere, ecco perché ho scelto di venire qui”, ha detto Durant subito dopo la sua scelta. Parole che, con ogni probabilità, potremo sentire a breve anche dalla bocca stessa del Pipita.
Kevin Durant arriva in NBA a 19 anni, ma ha già su di sé tutte le pressioni. Passo dopo passo, però, la voglia di vincere il primo anello della sua carriera si scontra sul più bello contro qualcuno che è più pronto di lui – Kobe Bryant, LeBron James, Steph Curry – o contro scelte societarie che non ha mai gradito più di tanto. La sua oramai ex squadra, gli Oklahoma City Thunder, hanno tanto in comune col Napoli: belli, spettacolari, talentuosi, ma poco vincenti quando il gioco si fa duro ed in campo i duri servono.
Dall’altra parte dell’oceano, però, non importa il talento che ti porti dietro sin dalla nascita, quanto le vittorie che riesci a raggiungere con o senza quel talento. Nei suoi 9 anni di carriera, KD non ha mai centrato la vittoria del titolo e quest’anno, dopo la delusione cosmica delle NBAFinals perse per una clamorosa rimonta dei Golden State Warriors quando tutto sembrava già deciso, è arrivata la scelta più importante: un saluto ai Thunder e l’approdo proprio ai Warriors, la squadra che, pur avendo perso d’un soffio l’ultimo titolo, sembra sulla carta quella che spazzerà via (almeno) la prossima stagione regolare con i titoli da pluriaccreditata alla vittoria finale.
La vita di Durant era ad un bivio: restare in Oklahoma e rischiare di non vincere mai nulla, oppure tagliare i ponti e ‘farsi dare una mano’ per non restare il più bello dei perdenti.
Una storia simile, dunque, ma per vincere quei Thunder non avrebbero avuto bisogno solo di lui e di scelte sul mercato se ne rivelavano ben poche. Oklahoma City ha formato Durant in questi anni, l’ha presentato al grande pubblico e l’ha adottato come fosse un figlio di quella terra, cosa che di certo non è accaduto a Napoli col Pipita, formato dal River, lanciato dal Real, raccolto dall’azzurro quando sembrava già sul viale del tramonto.
Diverso, dunque, il discorso di Higuain: le speranze del Napoli di vincere qualcosa di importante passavano dai suoi piedi, con l’aiuto di altri importanti tasselli, ma con una sua presenza fissa.
La scelta di KD non l’ha portato ad indossare la maglia di acerrimi rivali della sua ex franchigia (in NBA, tranne rare eccezioni, non esistono rivalità accese come quella tra Napoli e Juventus), cosa che invece Higuain farà, lasciandosi alle spalle un popolo che in un triennio gli ha sicuramente fatto capire quanta distanza ci sia tra Napoli e Torino.
Entrambi, però, non hanno dato troppo peso ai soldi (che pure ci sono), cogliendo al volo le (probabilmente) ultime occasioni della loro vita sportiva.
Saranno davanti a tutti ai prossimi nastri di partenza, ma nessuno dei due avrà chances di manovra troppo libera: vincere significherà aver fatto il proprio dovere, non farlo significherà aver fallito come mai prima ed essere entrati nella storia dalla parte sbagliata.
Nello sport nulla è già scritto, ma a parlare alla fine saranno le bacheche e le vittorie di ognuno di loro. Perché, ai loro tempi, anche Diego Armando Maradona e Michael Jordan hanno avuto bisogno di Careca e Pippen per poter vincere. Figurarsi come avrebbero potuto farlo due così.
a cura di Gennaro Arpaia (Twitter: @gennarojenius9)
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